Scontro Grillo- Conte: in gioco il futuro del Movimento
Una settimana, tanto è bastato per disfare il lavoro di oltre tre mesi portato avanti dall’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, volto a rinnovare il Movimento 5 Stelle dall’interno, attraverso la stesura di un nuovo statuto che avrebbe ridefinito regole e ruoli per vertici, esponenti ed iscritti. Proprio sullo statuto, (o meglio, sui suoi contenuti) si può individuare la causa principale della crisi interna al Movimento; una crisi innescata dal Garante e fondatore Beppe Grillo. Ma andiamo per ordine.
Conte, nominato leader in pectore del Movimento dallo stesso Grillo, era appena uscito vincitore dalla contesa con Casaleggio in merito ai dati degli iscritti presenti sulla piattaforma Rousseau e a “restituirli” al partito: a seguito di questa vittoria, il passo successivo avrebbe dovuto essere quello di far votare agli iscritti- su una nuova piattaforma- lo statuto e, soprattutto, ufficializzare Conte come leader (quasi scontato il voto a favore). Alla luce degli ultimi avvenimenti, entrambe le votazioni, probabilmente, non verranno mai effettuate.
Come riportato sopra, a innescare la crisi interna ci ha pensato Grillo, a seguito di una riunione svoltasi circa una settimana fa, assieme ad una delegazione di parlamentari 5S, in cui avrebbe criticato duramente- e inaspettatamente- l’operato svolto fino a quel momento dall’avvocato per il Movimento. In realtà, molto probabilmente Grillo, vista la piega degli eventi e il grande consenso riscontrato da Conte tra le file del Movimento, avrebbe iniziato a temere di vedere il suo ruolo di garante e decisore ridimensionato dalle nuove regole dello statuto (elaborato dallo stesso Conte) e di ritrovarsi all’improvviso eclissato dall’ex presidente del Consiglio.
Si può notare in maniera evidente l’atteggiamento conservatore e personalistico che Grillo esprime nelle sue accuse, come a ribadire che nessuno potrà mai, eccetto lui, assumere il ruolo di guida della sua “creatura”, anche se si trattasse di quella stessa persona che ha ricoperto il ruolo di presidente del Consiglio in due governi a maggioranza 5 Stelle e incaricato successivamente di risollevare il destino del Movimento, da mesi ormai in caduta libera nei sondaggi e nel consenso popolare.
Finita la riunione, la preoccupazione dei delegati si è resa subito evidente, sia per l’improvvisa e traumatica presa di posizione di Grillo, sia per l’imminente risposta di Conte, il quale non avrebbe accettato di sottostare alle imposizioni comunicate, né tantomeno riformulare il suo statuto.
Gli alti esponenti 5S si sono subito mossi per tentare di risolvere la diatriba: il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il presidente della Camera Roberto Fico, hanno cercato di mediare tra le parti.
Botta e risposta Grillo- Conte
La replica di Conte è avvenuta lunedì 28 giugno, attraverso una conferenza stampa indetta per l’occasione: l’ex premier ha fatto presente la propria indisponibilità a ricoprire un ruolo da “prestanome” e a subire pressioni ed imposizioni da Grillo. In tal modo, ha precisato Conte, si priverebbe il Movimento di quel rinnovamento necessario per affrontare le sfide del futuro.
Il rinnovamento di cui si parla inizia dalla trasformazione del Movimento a partito tradizionale (ma di nuova concezione), con una piattaforma informatica (escluse quindi le sedi fisiche), con il leader che verrà eletto e non più “imposto” agli elettori, e organi direttivi con cui decidere la linea politica: in tal modo la figura del garante verrebbe ridimensionata, mantenendo un ruolo marginale.
Ma il punto focale del discorso si ritrova nella proposta che Conte ha avanzato a Grillo, ovvero di far votare il proprio statuto agli iscritti e far decidere a loro, di fatto, il ruolo di guida: in tal modo la responsabilità dello strappo definitivo tra i due verrebbe addossata su quest’ultimo.
Molti analisti hanno individuato un netto cambio di comunicazione in questa conferenza. Conte, solitamente attento alla fase di mediazione e con tempi di risposta abbastanza lunghi, ha scelto di cambiare strategia e passare ad una sorta di ultimatum: “o si segue la mia linea, abbandonando questo dualismo al potere, o io lascio”.
La contesa è andata avanti con un post social di Grillo in cui rispondeva al suo contendente: col suo tradizionale stile votato all’attacco, anche personale, egli ha definito l’ex premier «incapace di amministrare e privo di qualsiasi visione politica». Parole che hanno lasciato stupiti gli esponenti 5S causando inoltre molte critiche e perplessità: considerare “incompetente” la persona posta per due mandati come presidente del Consiglio prima e come capo del Movimento poi, pone seri dubbi sulla lucidità ed efficacia analitica del garante e forse anche sulla sua credibilità.
C’è, poi, chi segue la vicenda dall’esterno con evidente preoccupazione: il Partito Democratico teme infatti pesanti ripercussioni su tutto il centrosinistra. Dopo una difficile campagna per le elezioni amministrative portata avanti quasi interamente coi 5S, questi ultimi sviluppi gravano sulla già fragile intesa giallo-rossa, la quale rischia di perdere terreno, a favore del centrodestra.
Lega e Forza Italia, i partiti a destra della maggioranza, si presenterebbero come i soli uniti e allineati (e forse addirittura fusi in un unico partito) del Governo Draghi, la cui trazione politica si sposterebbe, inevitabilmente, verso un conservatorismo- chissà quanto- moderato.
Possibili scenari: il partito di Conte
Allo stato attuale sembrerebbe che gli sforzi di mediazione siano serviti: Grillo si sarebbe detto disposto ad una tregua con Conte, in modo da cercare un’intesa; l’avvocato, da parte sua, sarebbe pronto alla tregua a patto che i punti fondamentali dello statuto restino così come sono, bisognerà dunque capire se il garante accetterà dato che proprio su quei punti è scaturita la contesa. Si profila un’eventuale intesa già fragile e confusionaria.
In caso di fuoriuscita dal M5S, si fa sempre più concreta l’ipotesi della nascita di un partito di Conte anche se le difficoltà sarebbero da subito evidenti: necessità di finanziamenti urgenti e tempi ristretti per formare un gruppo in Parlamento che possa entrare nelle dinamiche della maggioranza. Inoltre, la creazione di un “partito di Conte” rappresenterebbe la fine definitiva del Movimento 5 Stelle (e forse non solo una scissione) vista la sondata disponibilità della stramaggioranza degli esponenti 5 Stelle ad aderirvi, ripudiando il nome di “grillini”. Alcuni analisti evidenziano che in Senato i 5 Stelle disposti ad aderire al partito dell’ex presidente si aggirerebbero intono alla cifra di 60 senatori (su 75 eletti nelle file del M5S).
Tuttavia, l’ex premier dovrebbe valutare le passate esperienze (non positive), di partiti nati sulla base della popolarità che il leader godeva in quel momento storico: come esempi si possono citare L’Italia dei Valori di Di Pietro, Scelta Civica di Monti e, più recentemente, Italia Viva del Senatore Matteo Renzi. Parliamo di partiti nati per convertire il consenso del leader in voti per il partito, ma non sempre basta la popolarità personale per avere appoggio elettorale (come appare evidente dal destino di questi partiti).
Non resterà quindi che aspettare nuovi sviluppi sulla vicenda interna del Movimento e capire come si delineerà il contesto politico italiano a seguito dell’ennesima crisi partitica.