Peace Lines: i muri in Irlanda
Uno dei fil rouge che collega la maggior parte degli Stati che oggi si definiscono democratici ed hanno aderito alle varie Convenzioni circa il rispetto dei diritti umani, è proprio la costruzione di muri, sia fisici che ideologici e per i motivi più disparati sia in Oriente che in Occidente.
L’Occidente però vive un paradosso circa il rispetto dei diritti umani: se ne erge a paladino, ma le azioni che vengono compiute corrispondono all’esatto contrario. È proprio l’Europa ad apparire il continente con la maggior concentrazione di barriere e, se la maggior parte di queste sono state apposte proprio per contenere l’ondata di profughi e migranti dall’Africa e dal Medio Oriente, ci sono anche muri costruiti su base politico-religiosa, come nel caso irlandese.
Le origini dei Muri della Pace: The Troubles
Quando pensiamo all’Irlanda, generalmente la mente corre ai suoi famosi paesaggi mozzafiato, ma per comprendere le sue dinamiche socio-politiche è importante parlare anche della sue vicende storiche, molto spesso travagliate. Come molti stati Europei, anche l’Irlanda ancora oggi continua a mostrare segni di separazioni e separatismi e l’emblema principale di questo concetti “astratti” sono proprio i muri e le barriere che la attraversano. Ma se nel resto d’Europa questi sono costruiti principalmente in funzione anti-migranti, nella nazione del Temple Bar, questi hanno carattere politico-religioso.
I Muri della Pace (Peace Lines) vennero costruiti nel 1969, conseguentemente allo scoppio del conflitto etnico- nazionalista dei Troubles nel Nord dell’Irlanda, conclusosi poi nel 1998 con l’Accordo del Venerdì Santo. Alle radici della questione irlandese c’è la lotta per l’autonomia degli irlandesi (nazionalisti) del nord dalla Gran Bretagna, agognata sin dal 1921, quando l’isola venne scissa in due su un’asse Nord/Sud per cui la Repubblica d’Irlanda avrebbe occupato tutta l’area insulare, meno che le sei contee a prevalenza unionista/protestante situate a Nord (Ulster) che sarebbero rimaste sotto l’egida della Corona inglese, ma con una forma di auto-governo fuori dalla giurisdizione del resto del Paese.
Questo nuovo assetto territoriale finì però ben presto per lasciare delusi sia i Nazionalisti cattolici, sia gli Unionisti protestanti che chiedevano il reintegro completo delle province dell’Ulster nel Regno Unito. Ma chi sono in realtà gli Unionisti?
L’enciclopedia Treccani li definisce come la fazione protestante che nel 1880 si oppose alla volontà di un’autonomia amministrativa dell’Irlanda, volendo mantenere con la madrepatria inglese un ancoraggio politico-amministrativo. Il tutto precipitò quando gli Unionisti, coadiuvati dalla Corona, iniziarono a fare discriminazioni su base comunitaria per indebolire il potere dei Nazionalisti. Queste discriminazioni, da parte dei protestanti verso i cattolici, riguardavano le questioni più disparate come il diritto di voto, l’occupazione, l’accesso alle case popolari, la soppressione della lingua e cultura irlandese dalle scuole ecc.
L’Irlanda del Nord si trovava così concretamente divisa in due: Unionisti protestanti e Nazionalisti cattolici con notevoli differenze socio economiche ad inasprire il tutto. È negli anni ’60, con i movimenti giovanili che iniziano a farsi spazio nell’arena internazionale, che si concretizza ancor di più anche l’attivismo politico-religioso in Irlanda dando vita al Northern Ireland Civil Rights Association (NICRA), rappresentante delle istanze sui diritti civili dei cattolici irlandesi che si trovavano a Nord e a sostegno di una politica riconciliatoria che limitasse le discriminazioni nei loro confronti.
Ecco poi che tra gli anni ’70 e ‘80 entrarono in campo anche le forze paramilitari sia unioniste, supportate dalla madrepatria inglese, che nazionaliste, le quali contribuirono all’inasprimento delle discriminazioni createsi tra i due gruppi, incentivando la lotta armata e la costruzione di barricate nelle principali città nord irlandesi. Una delle giornate cruciali del conflitto nord-irlandese, fu il 30 gennaio 1972, passato alla storia come Bloody Sunday , in cui a Derry, durante una manifestazione, vennero uccisi diversi civili disarmati ad opera del corpo dei paracadutisti inglesi intervenuti per sciogliere il corteo. Gli eventi del 30 gennaio crearono un’ondata di solidarietà in tutta l’Irlanda a cui seguirono manifestazioni e guerriglie di alta intensità in tutto il Paese che provocarono diversi morti e feriti.
Nel frattempo le forze paramilitari stavano prendendo sempre più piede, sia dall’una che dall’altra parte, facendosi portatrici delle istanze delle due fazioni in lotta, rendendo sempre più chiara l’inefficacia delle iniziative governative. Questi disordini continuarono poi fino agli ’90 creando un’evidente instabilità politico-economica sia in Irlanda che nel Regno Unito: gli U2 in Sunday Bloody Sunday cantavano “How long, how long must we sing this song?”. Era evidente l’urgenza di trovare una soluzione. Nel 1998 finalmente, grazie alla mediazione americana, si giunse ad una soluzione diplomatica concreta: gli Accordi del Venerdì Santo firmati dal primo ministro inglese Tony Blair, quello irlandese Bertie Ahem e da 8 partiti del Nord dell’Irlanda. Con questo accordo venne sancito che l’Irlanda del Nord appartiene al Regno Unito, ma i cittadini sarebbero stati liberi di unirsi alla Repubblica d’Irlanda.
Le Peace Lines, innalzate già nel 1969, con l’inizio degli scontri nel nord dell’Irlanda, sono il retaggio di una serie di scontri, pregiudizi, incomprensioni tra volontà politico-religiose differenti. All’inizio costruite solo temporaneamente, sono state poi ampliate e fortificate segnando il futuro di intere generazioni di irlandesi. Belfast continua ad essere baluardo di una città ad alto grado di segregazione e la divisione tra protestanti e cattolici ancora prosegue. Le Peace Lines oggi sono diventate un’attrazione turistica, una sorta di monumento di un periodo turbolento per la storia d’Irlanda, ma chi ha vissuto i fatti dei Troubles in prima persona vi vede solo rabbia e vecchi rancori che continuano a pesare e persistere tutt’ora.
Vengono chiamati “Muri della Pace”, ma un muro, un qualcosa che separa anziché unire, cosa potrà mai avere di pacifico?
Editing e fact checking a cura di Claudio Annibali