Parliamo di integrazione
L’integrazione sociale degli immigrati internazionali è un argomento vario e vasto, ma comunque è necessario affrontarlo; è un problema chesorge nelle società in cui l’identità nazionale si edifica sul concetto di omogeneità in confini nazionali ben definiti, accentuando la differenza tra “noi e loro” che mina equilibrio e uniformità etnica interna.
Tra integrazione, assimilazione e inclusione
L’integrazione sociale riguarda coloro che intendono diventare membri di una società per migliorare le proprie condizioni di vita; la definizione del dizionario Garzanti, a questo proposito, parla proprio di miglioramento ed arricchimento di un qualcosa per renderla integra.
Mentre prima, l’integrazione veniva definita come un processo di adattamento degli immigrati alla società ospitante, oggi il significato è mutato in processo di interazione tra autoctoni ed immigrati che preservano i propri tratti identitari evitando quel processo di assimilazione socio- culturale, tipico degli imperi coloniali, che mette in risalto i valori della cultura ospite che più stridono con quella ospitante promuovendone la soppressione.
L’integrazione, sebbene escluda l’assimilazione, lo fa limitatamente a quegli “atteggiamenti sociali” che non ledono i valori condivisi in un dato contesto sociale. Accanto al concetto di integrazione vi è, poi, quello di inclusione, per cui, quando tra gli individui sorgono differenze (dovute a sesso, razza, provenienza, religione, cultura, ecc.) che portano all’esclusione da un contesto, l’inclusione sociale è la determinante che elimina le barriere discriminatorie all’interno della società, contemplando la diversità come valore anziché come fattore limitante.
Il Migrant Integration Policy Index
Il MIPEX è uno strumento che valuta e compara 52 Stati attraverso la valutazione di diritti fondamentali base, pari opportunità e sicurezza del futuro in 8 aree politiche di integrazione:
- Mobilità nel mercato del lavoro;
- Ricongiungimenti familiari;
- Educazione;
- Salute;
- Partecipazione politica;
- Accesso alla cittadinanza;
- Residenza permanente;
- Antidiscriminazione.
Lo scopo è fornire un ricco framework di opportunità da offrire agli immigrati per integrarsi e partecipare attivamente alle società dei Paesi in cui si insediano.
In Italia, complice l’annoso dibattito sullo ius soli e sulla concessione della cittadinanza, insieme alle più recenti restrizioni dei Decreti Sicurezza riversatesi anche su naturalizzazione e accesso alla sanità, il punteggio MIPEX non va oltre 58/100, indice di mediocrità in tema di accoglienza e solo leggermente superiore alla media dei Paesi UE. Questi dati confermano come i cittadini stranieri possano godere dei diritti base, ma non abbiano la sicurezza per stabilirsi e integrarsi permanentemente godendo anche dei diritti politici.
L’approccio italiano è quello di un’integrazione temporanea ultimamentelimitata ulteriormente dalla pandemia. Prendendo come “Paese- paragone” la Svezia, tra gli Stati con il più alto valore MIPEX (86/100), notiamo come abbia sì implementato l’integrazione, ma ponendo restrizioni ai ricongiungimenti e ai servizi sanitari. In ogni caso, l’indice MIPEX svedese deve esserci da esempio nel vedere l’immigrazione come risorsa per la crescita nazionale che non ha compromesso affatto il sistema welfare del Paese scandinavo.
Risulta quindi ovvio che a favorire l’integrazione contribuiscano soprattutto alcuni fattori come: la relazione fiduciaria e la cooperazione tra immigrati e istituzioni al fine di scoraggiare discriminazioni limitanti l’integrazione, l’inclusione nelle comunità locali (le quali giocano un ruolo primario nell’integrazione sociale), una governance multilivello in materia e l’implementazione delle reti di servizi.
L’integrazione non è un vantaggio solo per chi deve essere integrato, lo è per l’intera società che si dimostra all’avanguardia e, nel caso italiano, si mostrerebbe aperta a contrastare la stagnante senilità a cui sta andando incontro il Paese. La Svezia è un chiaro esempio di come l’integrazione non mini il welfare state, bensì sia segnale di avanzamento e crescita sociale. Nell’integrazione però, resta fondamentale, per gli Stati, non incappare nella trappola dell’assimilazione che vede venir meno anche la democraticità degli host state.