L’Unione europea mette al bando la plastica
Dopo aver condotto un’indagine preliminare al fine di comprendere quali materiali specifici inquinassero maggiormente le spiagge e i mari europei, di recente l’Unione europea ha compiuto un altro passo in avanti nella sua lotta all’inquinamento da plastica; con l’introduzione della Single Use Plastics (SUP) l’obbiettivo che si pone questa volta è quello di debellare la plastica monouso.
La direttiva UE: addio plastica monouso?
Entro il prossimo 3 luglio 2021, infatti, gli Stati membri dovranno adeguarsi ed attuare quanto previsto dalla direttiva europea “plastic free” n. 2019/904 adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea e che va ad inserirsi in un quadro più ampio di politiche concernenti la Plastic tax ed il Piano d’azione per l’economia circolare.
La direttiva, scritta per arrivare all’abbandono di tutti i prodotti in plastica monouso, tende ad assimilare le plastiche non degradabili a quelle oxo-degradabili e biodegradabili, vietandole. Ciò che ha spinto l’UE a bandire anche le bioplastiche, infatti, è la convinzione che esse rimangano sostanze inquinanti; secondo alcuni esperti del settore, il fatto che siano indicate come “biodegradabili” non certifica tuttavia la loro capacità di degradarsi completamente, né in processi industriali né se disperse nell’ambiente.
Gli oggetti confezionati a cui i cittadini dei 27 Stati membri dovranno dire addio sono, tra i tanti: aste per palloncini, cotton fioc, piatti, bicchieri, tazze, contenitori per bevande ed alimenti in polistirene espanso, posate, sacchetti in materiale leggero, pacchetti e involucri, miscelatori per bevande e cannucce. Sebbene per alcuni dei prodotti inseriti in tale elenco questa prospettiva sembri al momento poco plausibile, esistono invece, per altri, alternative economicamente accessibili, prodotte con materiali diversi.
La Commissione europea inoltre sta organizzando campagne di sensibilizzazione per evitare o limitare l’acquisto di quei prodotti come, ad esempio, i contenitori di plastica rigida, i filtri per le sigarette, gli articoli sanitari e le salviettine umidificate, che resteranno tuttavia in vendita. Verranno imposti obblighi di etichettatura e perfino regimi di responsabilità: chi produce determinati oggetti di plastica dovrà farsi carico anche dei costi per il loro smaltimento.
In Italia
In Italia la nuova politica della Commissione europea ha immediatamente sollevato polemiche e resistenze. Proprio il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha definito la direttiva «assurda», criticando l’inclusione delle plastiche alternative, per un settore che vede il nostro Paese all’avanguardia e che sarebbe a suo dire penalizzato ingiustamente dalla decisione dell’UE.
Forti critiche sono giunte anche da Confindustria: il presidente Carlo Bonomi ha espresso «forte preoccupazione» per le linee guida contenute nella direttiva in quanto, anche secondo lui, potrebbero essere fortemente pregiudizievoli per l’interesse dell’industria italiana, per cui le plastiche biodegradabili e compostabili sono diventate un settore importante e in forte espansione, con associazioni di categoria e una filiera da 3mila addetti sul territorio.
Il primo passo da compiere sarebbe quello di procedere con un dispendioso ricambio dei macchinari degli stabilimenti industriali, poiché, come sostenuto da uno studio di Greenpeace, «non è sempre vero che gli impianti di trattamento dell’umido siano in grado di gestire le plastiche che vengono certificate come compostabili, (quelle che possono essere gettate nell’umido), infatti queste potrebbero essere troppo complesse, o semplicemente troppo grandi. […] Spesso gli impianti di smaltimento dell’umido non sarebbero in grado di distinguere le plastiche compostabili da quelle non compostabili, e quindi le scartano tutte a priori».
Un tavolo di discussione sembra essersi aperto tra Bruxelles e Roma a riguardo, sulla base di due distinte linee di politica europea che hanno come tema la plastica: la Sustainable product iniziative del settembre 2020, con cui la Commissione valuterà se introdurre principi di sostenibilità nella progettazione di prodotti che verranno immessi nel mercato europeo; la seconda invece, basata su un Regolamento del giugno 2020 e volta ad orientare in modo decisivo le scelte di investimento pubbliche e private, coerentemente con gli obiettivi climatici prefissati.
Insomma, sebbene la direttiva rappresenti senza dubbio un segnale positivo e un passo nella direzione giusta, sembra che più di qualcosa dovrà essere modificato per evitare un “bando totale” che possa rivelarsi paradossalmente controproducente per la lotta all’inquinamento. Staremo a vedere.