Le Olimpiadi di Tokyo: Giochi, Storia e Politica
Ci sono eventi che, sebbene appartenenti ad una determinata storia nazionale, finiscono con l’entrare nel novero della Storia dell’Umanità per via della loro portata e rilevanza internazionale. Tali eventi sono spesso talmente rilevanti per i contemporanei (o i posteri) da divenire spartiacque tra le diverse stagioni della storia umana: la fondazione di Roma (21 aprile 753), la Scoperta delle Americhe (12 ottobre 1492), la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti (1776) o, piu recentemente, l’attacco alle Torri Gemelle (11 settembre 2001). In molti casi si tratta di eventi che hanno rilevato la loro importanza solo col passare del tempo ma intorno ai quali si è presto potuto individuare una condizione di “prima” e una di “dopo”: chiunque abbia assistito agli eventi dell’11 settembre sapeva, sebbene forse inconsciamente, che il mondo non sarebbe più stato lo stesso di prima.
La commemorazione di Hiroshima e Nagasaki
Nel novero di queste date possiamo trovare anche il 6 e 9 agosto 1945, i giorni del primo utilizzo di ordigni nucleari in ambito bellico: l’Impero del Giappone, ultima forza dell’Asse rimasta a combattere dopo la resa della Germania (7 maggio), era nel pieno di una triplice offensiva nel tentativo di arginare l’avanzata delle forze Alleate nel Pacifico e nel continente asiatico. Sebbene la guerra volgesse a sfavore, Tokyo mantenne una linea oltranzista e rifiutò ogni resa; il neo-presidente Harry S. Truman decise dunque di approvare il bombardamento del Giappone con le prime bombe nucleari della storia per spingere l’Imperatore Hirohito alla resa e – così venne giustificata la decisione – «risparmiare innumerevoli vite americane».
Il 6 agosto, alle 8.15 (ora locale), il primo ordigno cadeva su Hiroshima, radendo al suolo la città e uccidendo all’istante circa il 25% della popolazione (stimata intorno ai 350.000 abitanti); il 9 agosto, alle 11.01, la seconda bomba colpiva Nagasaki, provocando circa 40.000 vittime nell’immediato. Negli anni a seguire, il numero dei decessi e delle malattie provocate dalle radiazioni divenne quasi incalcolabile.
La resa dell’Imperatore fu legata alla preservazione dell’ordine imperiale e sociale giapponese (Kokutai) ma quegli eventi hanno lasciato un segno indelebile nella coscienza nazionale: nonostante la rinascita e rilancio delle due città, le celebrazioni per il ricordo delle vittime dei due bombardamenti sono tra le più solenni.
Nelle Olimpiadi estive di Tokyo 1964, in segno di omaggio a tutte le persone coinvolte in quelle esplosioni, fu scelto come ultimo tedoforo il giovane Yoshinori Sakai, nato quel 6 agosto, un’ora dopo lo scoppio della bomba di Hiroshima. In quella occasione, il Paese volle lanciare un messaggio di rinascita e di speranza per il futuro a tutti i sopravvissuti (chiamati Hibakusha) e rendere silente omaggio alle vittime. In occasione delle Olimpiadi del 2020, terminanti ad inizio agosto, era stato proposto un minuto di silenzio da parte di tutti gli atleti in gara alle 9.15 di giovedì 6. La pandemia, però, non solo ha posticipato i Giochi al 2021 ma ha anche messo a dura prova il Giappone provocando più di 15.000 vittime su 920.000 casi circa. La stessa regione di Tokyo è ancora sotto misure speciali di contenimento del virus per l’alto numero di contagi. Le voci di un possibile ulteriore rinvio delle Olimpiadi hanno accompagnato i Giochi quasi fino all’inaugurazione dello scorso 23 luglio, nonostante le continue rassicurazioni del Presidente del Comitato Olimpico Internazionale (IOC), Thomas Bach.
È stata proprio l’insistenza del Presidente Bach ad attirare molte critiche da parte di coloro che chiedevano il rinvio delle Olimpiadi: durante una sua visita ad Hiroshima per celebrare i valori della pace tra le nazioni, Bach è stato contestato e accusato di strumentalizzare politicamente simboli di tragedie nazionali per promuovere l’immagine della competizione da lui voluta a tutti i costi, a dispetto della crisi sanitaria. Anche la lotta al disarmo nucleare, altra grande battaglia portata avanti da molti giapponesi, rischierebbe di passare in secondo piano di fronte all’insistenza dell’IOC, che avrebbe usato anche questa campagna come giustificativo per il non rinvio dei Giochi.
Sport, Storia e Simboli
Un ulteriore punto di discordia intorno alle Olimpiadi è nato intorno all’uso della bandiera che avrebbe rappresentato il Giappone durante le competizioni.
Già nel 2017, in occasione della AFC Champions League di calcio, la federazione asiatica (Asian Football Confederation) aveva messo al bando l’utilizzo della celebre bandiera del “Sol Levante” (Rising Sun), ovvero la tradizionale bandiera bianca avente al centro un sole rosso e 16 raggi, per via del suo recente utilizzo durante gli anni del colonialismo giapponese in Asia. La Cina e le due Coree, i Paesi che hanno pagato il prezzo più caro dopo l’invasione subita dal Giappone, chiesero la rimozione del vessillo dagli spalti, paragonandolo alla svastica nazista.
In occasione delle nuove Olimpiadi di Tokyo, è riemerso il dilemma intorno alla legittimità o meno di esporre un simbolo che, sebbene ultra-secolare nella cultura nipponica, evoca pagine di abusi e sofferenza in gran parte dell’Asia Orientale. La tradizionale Hinomaru, avente un sole rosso al centro di uno sfondo bianco, è divenuta la nuova tradizione dopo la resa e l’occupazione statunitense del Paese dal 1945 al 1952: ciononostante, la Marina Militare Giapponese ha continuato ad utilizzare la bandiera del Sol Levante come proprio simbolo, ispirandosi però alla sua tradizione risalente ad oltre il XIX secolo, e non al militarismo o all’imperialismo di primo Novecento.
La stessa comparazione con la svastica nazista risulta un po’ forzata dato che quest’ultima fu adottata dal partito Nazionalsocialista negli anni ‘20 del ‘900, per divenire il simbolo del Terzo Reich nel mondo e nel tempo. La bandiera del Sol Levante, invece, possedeva già una storia a sé prima del XX secolo e viene tuttora utilizzata in Giappone per fini “civili”: pubblicità, turismo, arte; in nessuno di questi utilizzi (tranne che in alcuni settori ultraconservatori) si inneggia al colonialismo o al razzismo del secolo scorso.
La simbologia, con il suo utilizzo e la sua storia, si dimostra estremamente complessa anche nel caso del fascio littorio che, come sappiamo, fu (re)istituzionalizzato dal Partito Fascista in quegli stessi anni, adattandone la simbologia antica alle nuove esigenze del secolo. Oggigiorno, sarebbe forse possibile tornare ad utilizzare quel simbolo senza essere scambiati per dei sostenitori del regime? Probabilmente no. La Storia spesso non si dimostra una scienza esatta ed esperienze simili possono dare risposte molto differenti ed è anche per questo motivo che vale la pena affrontare una volta di più queste tematiche “trasversali”. Si potrebbe ipotizzare che, nel caso dei nazi-fascisti europei, le loro simbologie siano diventate (dopo un ottimo lavoro propagandistico) veri e propri manifesti dell’anima del partito, andando così a unire simbolo ed ideologia. Tale unione è stata certamente favorita dall’aver scelto simboli “stranieri” (la svastica) o “antichi” (i fasci romani), più facilmente manipolabili per le masse; simbologie più continuative e familiari per i contemporanei furono più facilmente “recuperate” dopo la fine dei regimi (come la bandiera italiana o, appunto, quella Giapponese).
Non si vuole giustificare/condannare la posizione di nessuno: il continente asiatico ha indubbiamente sofferto per mano di Tokyo e certamente certe ferite non sono ancora del tutto rimarginate. Questo deve essere però un monito per tutti coloro che credono che ogni evento del passato, ogni emozione, vada in stand-by in nome della “Tregua Olimpica”: non possiamo illuderci che la politica rimanga fuori dai Giochi perché sarebbe una grande ipocrisia, nonché illusione. Oggi, il mondo sta di nuovo uscendo da un dramma collettivo dove ognuno conta le proprie perdite e cerca la forza di ripartire. Ciò che possiamo auspicare è che ogni nazione e partecipante venga trattato con dignità e rispetto: gli Hibakusha non meritano strumentalizzazioni, così come le centinaia di migliaia di vittime dell’imperialismo giapponese non meritano di essere dimenticate in questa particolare edizione dei Giochi.