La Svizzera dice no al referendum sull’ambiente
Mentre in numerosi Paesi (in primis in Germania, ma recentemente anche in Italia) si sta agendo su più fronti per contrastare la crisi climatica, la Svizzera rallenta pericolosamente la sua cosiddetta “transizione ambientale”. Nei giorni scorsi, infatti, gli elettori svizzeri hanno bocciato con un referendum (51,6% dei voti) l’introduzione di nuove misure che avrebbero dovuto ridurre l’emissione di CO2. L’obiettivo avrebbe dovuto essere quello di rafforzare gli obblighi derivanti dall’Accordo di Parigi del 2015, che ora potrebbero essere addirittura non rispettati.
I quesiti del referendum sull’ambiente
I cittadini sono stati chiamati ad esprimersi su due quesiti: “For clean drinking water and healthy food” e “For a Switzerland without artificial pesticides”.
Il primo, come il nome suggerisce, riguardava l’obiettivo di preservare l’acqua potabile, in particolare attraverso la riduzione dell’impatto ambientale dell’agricoltura. Gli agricoltori, inoltre, previe verifiche da parte degli organi di competenza, avrebbero potuto accedere a importanti sussidi per rendere più sostenibile l’agricoltura. In genere, affinché gli agricoltori potessero ricevere i sussidi, sarebbe stato fondamentale rispettare diversi requisiti, tra cui la rinuncia all’uso di pesticidi o antibiotici o l’obbligo di nutrire il bestiame unicamente con foraggio autoprodotto. Ciononostante, a detta dei promotori del referendum, tali azioni sarebbero risultate insufficienti, in quanto i sussidi diretti avrebbero in ogni caso supportato un sistema che danneggia l’ambiente e inquina l’acqua potabile.
Per quel che riguarda il secondo, invece, questo avrebbe riguardato il divieto nell’uso di pesticidi artificiali nel settore agricolo e, più in generale, nell’intera filiera produttiva alimentare. In più, non sarebbe più stato possibile importare alimenti contenenti tali pesticidi. Anche in questo caso, va detto, i promotori dell’iniziativa hanno ritenuto insufficiente l’impatto che essa avrebbe potuto avere.
Qualora il referendum avesse avuto esito positivo, infatti, altre piccole ma importanti modifiche sarebbero state attuate: in particolare sarebbero state introdotte imposte sui carburanti o tasse supplementari sui biglietti aerei.
Gli effetti a lungo termine
I risultati del referendum sono incontrovertibilmente drammatici e rappresentano una sconfitta tanto sul piano locale quanto su quelli regionale e globale. I gruppi ambientalisti, infatti, non nascondono la loro preoccupazione, mentre la ministra per l’ambiente Sommaruga ha dichiarato che «questo voto avrà delle ripercussioni» poiché «adesso sarà più difficile raggiungere gli obiettivi sul clima precedentemente prefissati».
Stando ad alcuni analisti, benché la Svizzera abbia sempre vantato una politica green, attualmente il Paese sembrerebbe intenzionato a dare priorità alla ripresa economica in seguito alla crisi causata dalla pandemia; al momento, dunque, tali misure costituirebbero un rischio che il Paese non può in alcun modo permettersi di correre.
Non sorprende che a tale risultato si sia giunti anche a causa dell’influenza esercitata dalle lobby coinvolte nell’estrazione del petrolio, nonché delle associazioni automobilistiche composte da cittadini costretti ad utilizzare l’automobile per muoversi. Gli effetti- mettono in guardia le associazioni ambientaliste- saranno a dir poco infausti per le generazioni successive, in quanto senza l’introduzione di norme efficaci il rischio è quello di perdere tempo prezioso per combattere la crisi climatica che di anno in anno avanza a ritmi sempre più sostenuti.
Va inoltre sottolineato che gli elettori svizzeri sono stati interrogati anche sulla possibilità di conferire maggior potere politico al governo per combattere il terrorismo. Quest’ultima iniziativa è stata approvata, a dimostrazione del fatto che allo stato attuale la crisi climatica appare, in una parte della popolazione, un evento lontano che difficilmente può intaccare il benessere tipico dei Paesi del Nord del mondo. Proprio la Svizzera mostra in tal senso dati a dir poco allarmanti, in quanto nel Paese le temperature stanno aumentando con un ritmo doppio rispetto alla media globale, con effetti catastrofici sui ghiacciai e sulla vita delle generazioni future.
Ancora una volta, occorre che i governi e le istituzioni si prendano le proprie responsabilità, dal momento che il punto di non ritorno è sempre più vicino. Benché la ministra per l’ambiente Sommaruga abbia fatto sapere che agirà affinché vengano introdotte leggi che possano favorire le fonti di energia rinnovabili, questa vicenda dimostra quanto ancora vada fatto affinché la percezione del rischio aumenti tra la popolazione.