La politica del doppio stipendio
a cura di Lorenzo Trionfo
Le recenti notizie circa i rapporti di collaborazione e consulenze tra il senatore della Repubblica italiana e segretario del partito di Italia Viva (IV) Matteo Renzi e il principe ereditario dell’Arabia Saudita, Bin Salman,oltre a suscitare clamore e sdegno da parte dell’opinione pubblica (Bin Salmanè stato accusato da Washingtondi essere il mandante dell’assassinio del giornalista dissidente saudita Jamal Khashoggi), ha evidenziato un’altra questione: l’esistenza di parlamentari con un lavoro contemporaneo e parallelo al di fuori delle sedi istituzionali.
Impegni privati
Matteo Renzi, ad esempio, sembrerebbe ormai aver trovato nelle consulenze private il suo nuovo terreno di azione, con tanto di società: la “MA.RE” (nome che deriva dalle iniziali di nome e cognome del senatore). Il suo recente impegno in questo ambito si potrebbe interpretare come i preparativi ad una progressiva fuoriuscita dalla scena politica italiana: molti analisti sono concordi nel sottolineare che, anche in base ai sondaggi di gradimento degli elettori verso Italia Viva (circa il 2 % ad oggi voterebbe IV), la stagione politica dell’ex premier sia prossima alla conclusione.
Tuttavia, nell’attuale legislatura, sono molti i parlamentari che si danno da fare, fuori dal Parlamento, ricoprendo un altro ruolo in aziende o società. Partendo dall’ala di destra fino ad arrivare alla sinistra, sono circa 195 gli onorevoli che percepiscono compensi per prestazioni lavorative fuori dai palazzi istituzionali.
Tra gli esempi più rilevanti si possono citare esponenti di IV come Bonifazi, Lovadina e Boschi; tutti e tre impegnati in società imprenditoriali e di consulenze. Anche Forza Italia (FI) vanta esponenti che ricoprono incarichi di spicco in società importanti: è il caso, ad esempio, del senatore Galliani, che fa parte del consiglio di amministrazione di Fininvest, società appartenente a Berlusconi, presidente di FI ed eletto al Parlamento europeo.
La lista di esempi potrebbe continuare ancora: da Bongiorno, avvocata ed esponente della Lega (è stata lei ad assistere Matteo Salvini durante i processi preliminari sui casi Open Armse Gregoretti), per arrivare al deputato del Partito Democratico (PD), Zan (relatore dell’omonimo decreto-legge contro l’omofobia), azionista di maggioranza di “Be proud”, la società che organizza e gestisce concerti ed eventi per il Pride Village a Padova.
Regole giuridiche e morali
In Italia, attualmente, non abbiamo una vera e propria disciplina che limiti o regoli le attività lavorative dei parlamentari durante il loro mandato legislativo: il Senato non prevede nulla in tal senso e la Camera dei Deputati ha redatto un semplice codice di condotta (ritenuto non sufficiente). In realtà si stava discutendo su una proposta di legge per aumentare le sanzioni e le cause di ineleggibilità quando sussistono le giuste condizioni (il disegno di legge Fiano-Boccia del 2019), ma ad oggi risulta ancora bloccata in attesa di discussione in Commissione.
In un tale contesto di scarsa vigilanza, i conflitti di interesse sono numerosi e molte volte sconosciuti dall’opinione pubblica; il Consiglio d’Europa ha da poco consegnato un rapporto molto critico a Palazzo Chigi, in cui vengono sottolineati gli scarsi sforzi fatti finora per regolare tale situazione.
In un Paese in cui lo stipendio corrisposto ai parlamentari è tra i più alti d’Europa, se non del mondo (secondo un recente studio del Parlamento europeo), sarebbe naturale e legittimo pretendere dai propri eletti di concentrare i propri sforzi e capacità alla mansione per cui sono stati votati.
Un tempo ricoprire una carica pubblica era considerato un onere ed un onore, un “traguardo” che comportava la temporanea rinuncia alle proprie mansioni per occuparsi della cosa pubblica e del bene comune; oggi sembrerebbe invece essere considerato come un canale per allargare il raggio d’azione dei propri interessi, un trampolino di lancio per la propria carriera e un mezzo per un fine, solo personale.