La Cina e la fine della politica del figlio unico
La Cina, com’è noto, con oltre un miliardo di abitanti rappresenta ad oggi il Paese più popoloso del mondo, ma anche quello in cui le leggi legate alla riproduzione hanno maggiormente fatto discutere. Nel corso del tempo la Cina ha progressivamente ammorbidito la sua controversa politica del figlio unico, attuata inizialmente per limitare la crescita demografica, ma considerata dagli esperti un fallimento su più fronti tanto da costringere le autorità cinesi già nel 2015 ad aprire alla possibilità di un secondo figlio fino ad arrivare alla notizia degli ultimi giorni. Le ultime novità provenienti dal Paese, infatti, riguarda proprio la decisione, da parte del governo di Pechino, di permettere alle coppie di avere fino a tre figli a causa del crollo delle nascite registrato negli ultimi anni e del conseguente invecchiamento della popolazione che presto, si prevede, non sarà più in grado di fornire una forza lavoro sufficiente a mantenere l’altissimo numero di futuri pensionati. Lo stesso problema che viviamo in Europa.
Da dove nasce la politica del figlio unico?
Per comprendere meglio come interpretare tale legge occorre, però, avere un quadro più chiaro del contesto storico-demografico del Paese. In seguito alla morte di Mao Zedong i leader cinesi spinsero la Cina ad una vera e propria corsa demografica, tanto che alla fine degli anni ’70 il Paese si avvicinava inesorabilmente al miliardo di abitanti. Tuttavia, nell’ottica di modernizzazione del Paese, nonché per prevenire il sovrappopolamento e il relativo impoverimento, furono emanate diverse leggi volte a disincentivare le nascite attraverso tre principi: ritardo nel matrimonio, intervalli più lunghi tra un figlio e l’altro e, infine, meno figli per coppia. Nel 1979 venne così introdotta la contestata “legge del figlio unico,” sebbene fossero previste numerose deroghe per minoranze etniche o altre situazioni particolari, come nel caso di figlie femmine. La legge, rimasta pressocché invariata per decenni, ha subito solo a partire dal 2015 alcune modifiche di considerevole portata in risposta agli allarmanti dati demografici del Paese che dimostrano come la popolazione cinese stia rapidamente invecchiando. In più, va tenuto in considerazione l’aspetto etico della vicenda in quanto Pechino, per portare avanti la sua linea politica, nel corso degli anni ha sistematicamente fatto ricorso ad aborti forzati, sterilizzazioni e licenziamenti.
Un disperato tentativo di invertire la rotta
La decisione da parte della Cina di abbandonare le politiche di controllo demografico appare, dunque, come un tentativo disperato di invertire la rotta. Generalmente, una volta attuate determinate politiche, è alquanto complicato modificare l’assetto demografico di un Paese: da un lato, perché occorrono diverse generazioni prima di poterne vedere gli effetti e, dall’altro, perché vanno progressivamente a modificarsi le abitudini della popolazione in relazione a tali politiche. Benché a lungo la crescita demografica cinese sia andata per certi versi in parallelo con quella indiana (anche l’India presenta una popolazione superiore al miliardo), le stime prevedono che i due Paesi si distanzieranno sempre di più su questo fronte e che la Cina sperimenterà in un futuro non troppo lontano la cosiddetta transizione demografica, come già accaduto nelle economie più sviluppate.
La notizia del nuovo provvedimento governativo sembra essere stata accolta, però, con una certa freddezza tra la popolazione cinese, specialmente tra le nuove generazioni; il motivo sarebbe legato al rischio di mettere eccessiva pressione ad una generazione, quella dei Millennials, che si trova nei fatti tra l’incudine e il martello. Vale la pena, in tal senso, riportare alcuni commenti che ben esprimono lo stato d’animo generale:
«Per quelli nati dopo gli anni Ottanta e Novanta- non possiamo rilassarci un attimo. Il governo fa pressione affinché facciamo dei figli, ma allo stesso tempo pretendono che lavoriamo per più tempo. Che razza di vita è?». Queste le parole di un giovane cinese riportate dalla BBC.
Ulteriori complicazioni derivano anche dal fatto che, proprio a causa dello sbilanciamento demografico, il governo avrebbe già dichiarato che la soglia per l’età pensionabile verrà innalzata, sebbene non vi siano ancora informazioni chiare al riguardo. Infine, sono sempre di più le donne che decidono di non voler figli, a dimostrazione di quanto la società cinese stia andando incontro a modifiche strutturali su più livelli. I demografi sono nel complesso alquanto scettici nei confronti dell’impatto di tale provvedimento, specialmente a causa dell’assenza di incentivi per i genitori che abbiano più figli. Una popolazione che invecchia ha un impatto da non sottovalutare sul sistema pensionistico, sulla produttività e sulla spesa pubblica. Infine, tanto la politica del figlio unico quanto quella del “secondo” e “del terzo” andrebbero considerate al pari di una violazione dei diritti umani, in quanto la scelta di diventare (o non diventare) genitore dovrebbe essere sempre libera e personale. Per tale ragione, dunque, l’obiettivo finale deve essere quello di abolire un sistema di ingegneria sociale ingiusto e anacronistico basato su leggi dal dubbio valore politico.