Insetti: un’alternativa alimentare sostenibile?
Lo scorso 4 maggio l’Unione europea ha autorizzato l’utilizzo di un insetto come alimento. Nello specifico, si tratta della tarma della farina, entrata ufficialmente nelle fonti di cibo riconosciute dall’Unione. La notizia, pur sconvolgente per i più, non era del tutto imprevedibile, anzi tutt’altro.
L’entomofagia, ossia il consumo alimentare degli insetti da parte dell’uomo, è in realtà una pratica vantaggiosa da più punti di vista di quelli che si possano pensare. Gli insetti, già da qualche tempo, sono stati inseriti nella categoria dei Novel Food come da Regolamento UE 2015/2283, permettendo la produzione e la commercializzazione di prodotti alimentari contenenti insetti o parti di essi. Numerosi sono stati infatti i progetti, sostenuti dalla Commissione europea, destinati a valorizzare il più possibile la biomassa insetto in un’ottica di economia circolare. In altre parole, è confermato che gli insetti potrebbero rappresentare un’alternativa valida sia dal punto di vista nutrizionale che dal punto di vista ecosostenibile.
Efficienza nutrizionale
Secondo la FAO, dal punto di vista ambientale, gli insetti presenterebbero un’alta efficienza di conversione nutrizionale. Questo significa che in media potrebbero convertire 2kg di cibo in 1kg di massa corporea, laddove un bovino necessiterebbe invece di 8kg di cibo per produrre l’aumento di 1kg di peso corporeo. Oltre a questo, da considerare è la loro componente nutrizionale: gli insetti sono infatti ricchi di acidi grassi, di fibre, di fosforo, di rame, di selenio, di ferro, di magnesio, di manganese e di zinco e presentano un rischio basso per quanto riguarda la trasmissione di malattie tipiche degli animali d’allevamento come il morbo della mucca pazza o l’influenza aviaria. Ancora, la maggior parte degli insetti presenta un contenuto proteico molto elevato, che si aggira addirittura intorno al 52-76%. La loro digeribilità e la composizione in amminoacidi essenziali soddisferebbe ampiamente il fabbisogno giornaliero raccomandato per l’essere umano. Gli alti livelli di fenilalanina, tirosina, lisina, treonina e triptofano rendono il profilo amminoacidico degli insetti edibile e paragonabile, se non a volte migliore, a quello di altre fonti proteiche animali.
Convenienza economica
Non solo, allevare insetti sarebbe anche economicamente conveniente. Questo poiché, sempre secondo la FAO, l’80% del peso di un grillo è edibile, rispetto invece la percentuale edibile che si abbassa al 55% nel caso di polli e di maiali, fino ad arrivare al 40% nel caso dei bovini. Tutto questo significa che, quanto a resa alimentare, gli insetti sarebbero potenzialmente più efficienti degli animali che normalmente mangiamo. Considerato che l‘allevamento del bestiame è responsabile del 18% delle emissioni di gas serra, circa quelle di tutto il settore dei trasporti, si tratta di un dato per nulla trascurabile.
Economia circolare per la produzione
Un altro vantaggio da considerare è senz’altro il fatto che gli insetti possano essere allevati e nutriti con rifiuti organici, i quali verrebbero automaticamente convertiti in proteine di alta qualità, utilizzabili a loro volta per l’alimentazione di altri animali. Pertanto, allevare degli insetti significherebbe utilizzare molto meno terreno, allontanando così lo spettro di nuove e gravose operazioni di deforestazione. I rifiuti organici alimentari, quali scarti di frutta e verdura, potrebbero infatti rappresentare un ottimo punto di partenza per ottenere substrati adatti all’allevamento di insetti. È stato stimato che gli insetti sono in grado di utilizzare fino al 60% degli scarti. Inoltre, ulteriori ricerche hanno dimostrato che in base alla tipologia del substrato degli scarti, sarebbe possibile ottenere insetti con un profilo nutritivo differente. Ad esempio, un terreno costituito principalmente da frutta porterebbe a larve con un livello di grassi saturi più elevato, un substrato contenente verdura porterebbe ad insetti con un profilo di acidi grassi omega-3 maggiore, mentre larve alimentate con un mix tra frutta e ortaggi, presenterebbero un più alto contenuto di acidi grassi omega-6, proteine e ferro.
Le specie più consumate
Attualmente, si stima che circa 1.900 diverse specie di insetti vengano utilizzate come forma di alimentazione umana. Chiaramente, alcune specie vengono impiegate come fonte di cibo più frequentemente di altre. Secondo la FAO gli insetti più utilizzati in assoluto sarebbero i Coleotteri con una quantità che si attesta intorno al 31%, seguiti dai Lepidotteri con il 18% e dagli Imenotteri (ossia api , vespe e formiche) con il 14%. Altri insetti, come gli Ortotteri (ossia grilli, locuste e cavallette) raggiungono il 13%, gli Emitteri (cicale e cocciniglie) il 10%, gli Isotteri il 3%, gli Odonati un altro 3% e i Ditteri (ossia le mosche) arrivano invece al 2%.
Nonostante l’affermarsi del consumo di insetti come alternativa alimentare sostenibile, il maggior ostacolo da superare rimane però il pregiudizio culturale. Da alcuni studi sulla concezione del consumatore europeo in merito ad un’alimentazione composta da insetti, è emerso che il tabù e il disgusto ne sarebbero due componenti fondamentali. Resta ovviamente il fattore comunicativo come driver fondamentale nonché mediatore riguardo la considerazione degli insetti come alimento.
Infine, resta innegabile che le risorse del pianeta, con la crescita della popolazione mondiale che secondo l’ONU raggiungerà i 9 miliardi nel 2050, saranno sempre più scarse e la richiesta di cibo aumenterà considerevolmente. Da ciò la necessità di trovare fonti di cibo alternative che possano aiutare a soddisfare la futura richiesta. Gli insetti rappresenterebbero una fonte alternativa sostenibile ad elevato valore biologico e con un ruolo cruciale in futuro per la soddisfazione delle nuove esigenze di consumo alimentare umano e animale.