Il vergognoso dibattito sul DDL Zan in Senato
Lo scorso martedì 13 luglio, nell’aula del Senato, ha avuto luogo quella che- si spera- possa essere l’ultima tappa del lunghissimo percorso del DDL Zan verso la sua approvazione. La settimana precedente era stata finalmente fissata la sua calendarizzazione in Senato per avviare il dibattito parlamentare ed effettuare le votazioni nel merito, i cui esiti però, anche a seguito degli ultimi sviluppi di questi giorni che hanno visto il cambio di posizione del leader di Italia Viva e senatore Matteo Renzi, sembrano tutt’altro che certi.
La giornata di martedì aveva in programma una votazione, avanzata dai partiti di destra, per chiedere il ritorno in Commissione Giustizia del disegno di legge per un’ulteriore analisi (richiesta avanzata sulla base di presunte pregiudiziali di costituzionalità): mozione respinta con uno scarto di 12 voti.
La prima offensiva dei detrattori della legge contro l’omotransfobia è stata dunque respinta, seppur per pochi voti. Tuttavia, dopo l’ufficialità della votazione, è stata presentata una richiesta alla Presidente del Senato Casellati di effettuareuna riunione dei capigruppo dei partiti, in modo da accordare comunque un ritorno del DDL in Commissione: la richiesta di riunione è stata accolta causando vibranti proteste da parte del Centrosinistra che vede tale richiesta solo come un modo per frenare ulteriormente la legge.
Il giorno seguente (14 luglio) si è svolta la seconda discussione in Senato con un’altra votazione preceduta da diversi interventi dei senatori, a favore o contro la legge, che in molti casi hanno offerto uno “spettacolo” di dubbio gusto, farcito di discorsi qualunquisti e privi di basi argomentative.
La votazione si è svolta per decidere sulla mozione presentata dal centrodestra (l’ennesima), la quale chiedeva di sospendere la legge, condannandola di fatto a sparire (sarebbero occorsi infatti molti mesi per riportarla in Senato). Questa volta il rischio corso è stato enorme: la mozione non è passata per un solo voto (molti gli assenti di giornata in entrambi gli schieramenti).
I numeri del centrosinistra in Senato, d’altra parte, iniziano a diventare una variabile difficile da determinare volta per volta e questo non gioca di sicuro a favore del DDL, lasciando la possibilità ai detrattori di rilanciare proposte di mediazione per cambiare la legge.
Tra questi abbiamo sicuramente il leader della Lega e senatore Matteo Salvini, il quale ha da tempo cambiato posizione sulla legge: prima era convintamente pronto a non farla passare, basando la sua propaganda sulla teoria (infondata) di una legge “liberticida”.
Capendo la necessità di un cambio di strategia, Salvini ha ridimensionato le sue intenzioni, proponendo al centrosinistra di sedersi intorno ad un tavolo e discutere su alcune modifiche che il centrodestra vorrebbe apportare (come eliminare l’art.7). Un’eventualità, questa, respinta subito dal segretario del PD Enrico Letta, il quale ha dichiarato che non ci si può fidare di Salvini, soprattutto dopo l’appoggio fornito al Primo Ministroungherese Viktor Orbán e alla sua recente normativa anti-LGBTQIA+.
Martedì 20 si è svolta un’altra riunione in Senato, l’ultima in cui è stato possibile presentare eventuali emendamenti alla legge, i quali, se dovessero essere approvati, comporterebbero la necessità di una nuova valutazione della Camera dei Deputati (meccanismo della “navette parlamentare”).
Gli emendamenti presentati sono stati più di 1000, di cui 700 proposti solo dalla Lega che ha dichiarato, però, di essere disposta a ritirarli se il PD decidesse di dialogare.
Non potendo analizzare in seduta tutti gli emendamenti, risulta difficile stabilire subito quali modifiche porterebbero (anche se la volontà di eliminare gli articoli 1,4 e 7 è ormai nota). Resta certo, tuttavia, che una tale mole di richieste non porterà altro che ad ulteriori- e dannosi- rallentamenti dell’iter di approvazione della legge. Si fa sempre più concreta, pertanto, l’ipotesi di un rinvio dei lavori a settembre.
Quando il dibattito politico diventa show (non richiesto)
Venendo al dibattito avvenuto in Senato, non sarebbe sbagliato affermare che le aule di Palazzo Madama siano state teatro- a tratti divenuto circo- di un susseguirsi grottesco di esternazioni cariche di pregiudizi, leggende e falsità di ogni tipo da parte di alcuni senatori intenti nella loro opera di delegittimazione del DDL Zan. Interventi, nel migliore dei casi, pregni di ignoranza se non, nel peggiore, di odio e discriminazione e che sono serviti solo a sottolineare il degrado che il dibattito politico-istituzionale sta attraversando ormai da parecchi anni e che non vuole assumere toni adeguati nemmeno di fronte alla tutela dei diritti fondamentali di molte persone.
Sono stati numerosi, ad esempio, gli interventi in nome della “salvaguardia dei bambini” che, nella logica approssimativa (e infondata) di chi si oppone al DDL, sarebbero posti in stato di pericolo dai valori della comunità LGBTQIA+.
La lista prosegue con la “teoria mercantilista” del leghista Romeo, secondo la quale l’approvazione della legge e della teoria gender, sarebbe funzionale per la vendita degli smalti per le unghie anche agli uomini.
Prosegue il compagno di partito Pillon, che ha sottolineato come i giocatori italiani, dopo la vittoria dell’Europeo, abbiano chiamato la mamma e il papà e non “genitore 1” e “genitore 2”, asserendo «come il femminile e il maschile sia diventato un pericolo per la comunità gender e che quindi vanno eliminati». Nel testo di legge non è presente nulla di tutto ciò.
Poi si prosegue con la presentazione del pericolo rappresentato dall’esistenza di una fantomatica, “pericolosa e potente lobby LGBT” secondo la teoria complottista del senatore di Fratelli d’Italia Ruspandini. Da citare, in seguito, la proposta di creare una “giornata contro l’eterofobia” proposta dalla leghista Fregolent.
Infine, siamo stati anche “allertati” dalla leghista Marin su come potremmo essere tutti intercettati e disposti a misure cautelari se mai dovessimo essere contro il DDL Zan.
La lista proseguirebbe ancora, ma sarebbe inutile riportarle in quanto tutte hanno in comune la totale infondatezza, sia sul piano giuridico che sul piano sociale: l’unica cosa che sembrava stare a cuore, al momento del proprio turno di parola, agli autori di tali aforismi era di realizzare esternazioni quanto più eclatanti possibile, lasciando in secondo piano la realtà dei fatti, il proprio compito di rappresentante dei cittadini, il proprio ruolo istituzionale e, ultima ma non ultima, la propria coscienza.