Il post-elezioni in Ungheria: la delusione dei giovani elettori
La netta vittoria di Viktor Orbán alle elezioni nazionali ungheresi dello scorso aprile non ha portato il cambiamento tanto atteso dai media esteri e, soprattutto, dagli elettori più giovani. Con il 53% dei seggi ottenuti all’interno dell’Assemblea Nazionale, Fidesz torna a governare per il dodicesimo anno consecutivo, nonostante l’impegno dell’ampia coalizione unitaria di opposizione guidata da Péter Márki-Zay. L’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) si è impegnata a monitorare le elezioni, in quanto l’ultima tornata del 2018 è stata considerata tra «le più sporche degli ultimi 30 anni, dalla fine del comunismo». L’OSCE in Ungheria è stata formalmente invitata delle autorità nazionali, ma non sono mancate le critiche anche da parte dello stesso Orbán, che ha sostenuto davanti ai media pro-Fidesz che la presenza dell’Organizzazione non fosse a scopo di osservazione, ma di accusa.
L’opposizione dei giovani ungheresi
La popolarità di Orbán sembra non essere diminuita anche grazie al decennio precedente, durante il quale il Primo ministro ha avuto modo di modificare a favore di Fidesz la società, le istituzioni e perfino il sistema elettorale. Già nel 2018, alla vigilia delle precedenti elezioni, Reuters aveva condotto un’indagine parlando con alcuni giovani elettori ungheresi in uno student café a Budapest. Molti degli elettori intervistati non solo non si riconoscevano nel leader di Fidesz e negli ideali del partito, ma addirittura stavano iniziando a considerare di trasferirsi all’estero, per cercare un ambiente più favorevole sia in ambito lavorativo che in ambito sociale. Secondo il think-thank Republikon, circa 40% dei giovani elettori tra i 18 e i 24 anni ha considerato di trasferirsi all’estero dalla precedente elezione di 4 anni fa. L’elezione del 2022 non ha sicuramente evidenziato un miglioramento nella percezione della politica ungherese da parte dei giovani elettori.
Sono molte le politiche controverse che Fidesz ha portato avanti, guadagnandosi l’opposizione degli elettori più giovani: dalla graduale repressione della libertà dei media ai continui attacchi alla comunità LGBTQI+. Ho recentemente avuto l’opportunità di parlare con alcuni elettori ungheresi della fascia d’età 18-24. Ciò che ho percepito di più è stato il sentimento di delusione, dovuto prevalentemente alla speranza che un cambiamento radicale nelle istituzioni ungheresi arrivasse. Ciò è stato alimentato anche dai media esteri, che davano, per la prima volta in dodici anni, il Primo ministro uscente in svantaggio, o per lo meno testa a testa con lo sfidante Márki-Zay. «Vorrei essere felice di essere cittadina ungherese ed essere orgogliosa del mio Paese, ma se nulla cambierà penso che lascerò l’Ungheria» confessa Bianka. Aggiunge che pensa che questo sia un sentimento condiviso dai suoi coetanei, che hanno visto il loro voto vanificarsi di fronte alla maggioranza schiacciante di Fidesz. I problemi per i giovani ungheresi non si fermano al contesto sociale, ma si estendono con pesanti ripercussioni in ambito lavorativo. Recentemente, il governo ungherese ha riformato il sistema di tassazione KATA, rendendolo inaccessibile a gran parte dei lavoratori che lo utilizzavano. La riforma, che entrerebbe in vigore da settembre, ha causato più giorni di proteste nella capitale, in quanto andrebbe a gravare sulle piccole imprese, spesso gestite proprio da giovani imprenditori.
Verso l’isolamento europeo
Nonostante la vittoria alle elezioni del 3 aprile abbia confermato la stabilità interna del potere di Orbán, all’esterno la situazione è sempre più critica. Il doppio gioco portato avanti dal Primo ministro per mantenere i rapporti con Putin e non deteriorare quelli con l’Unione europea non sta giovando alla posizione del Paese all’interno delle istituzioni europee. Anche il Primo ministro polacco Jaroslaw Kaczynski, precedentemente in rotta di collisione con Bruxelles, ha iniziato a distaccarsi dal leader ungherese che, nelle sue dichiarazioni, ha più volte criticato e tentato di fermare il sistema di sanzioni imposto alla Russia dall’inizio dell’invasione in Ucraina. Secondo Kaczynski, infatti, se l’Ungheria continuerà su questa linea potrà incorrere in conseguenze negative, come il congelamento dei fondi da parte dell’UE per la violazione dello stato di diritto. Se fino ad ora Orbán ha potuto contare sull’appoggio di alcuni Stati europei, a seguito dell’allontanamento di Kaczynski dovrebbe riconsiderare anche la sua alleanza più strategica, quella degli Stati del gruppo di Visegrád.