Il coprifuoco al centro del dibattito politico
a cura di Lorenzo Trionfo
La settimana appena conclusa è stata caratterizzata dal cambio di rotta nella strategia di chiusura delle regioni: molte di esse sono infatti passate in fascia gialla, con la possibilità di riaprire numerose attività commerciali, nonché la sospensione del divieto di muoversi tra comuni diversi dal proprio. Le regioni rimaste nelle fasce arancioni e rosse sono Sardegna (l’unica in rosso), Sicilia, Basilicata, Calabria, Puglia e Valle d’Aosta.
Il quadro divisorio regionale resterà tale fino al 3 maggio, quando verranno effettuate ulteriori valutazioni della situazione pandemica nelle varie regioni. Le nuove misure sono state anticipate dal premier Mario Draghi durante la sua conferenza stampa del 17 aprile nella quale ha annunciato, inoltre, la necessità di riaprire e di non poter perdere ulteriore tempo, parlando di “rischi calcolati”.
Tali affermazioni hanno sollevato innumerevoli dichiarazioni di esperti epidemiologici e scatenato l’opinione pubblica: nei dibattiti c’è chi ha criticato il messaggio di Draghi (accusato di anteporre la ripartenza economica alla salute dei cittadini) e chi è convinto che con la stagione calda alle porte e la possibilità di aumentare la somministrazione di vaccini, il momento giusto per riaprire sia questo. Solo il passare delle settimane potrà dare una risposta sugli effetti delle riaperture.
Il coprifuoco e lo scontro in Cdm
Il nuovo decreto legge, con il quale sono state decise anche le nuove regole oltre che il cambio dei colori, è stato emanato il 22 aprile 2021 (con i suoi effetti che sono entrati in vigore il 26 aprile). La sua approvazione è stata preceduta, tuttavia, da momenti di tensione all’interno del Consiglio dei Ministri tenutosi il 21 aprile: i ministri appartenenti alla Lega di Salvini hanno deciso di astenersi -su direttive del proprio segretario- durante la votazione per approvare il testo del decreto, creando una frattura all’interno della ampia maggioranza di governo.
Il motivo che ha provocato l’astensione -apertamente criticata da PD e M5S- è stato attribuito al mancato spostamento dell’orario del coprifuoco (dalle 22 alle 23), fortemente voluto e sponsorizzato dalla Lega. Draghi ha avuto un colloquio telefonico con il leader leghista, subito dopo il Cdm, per non deteriorare ulteriormente il dialogo tra le parti e per rassicurarlo sul fatto che un possibile cambio di orario del coprifuoco potrebbe avvenire attraverso un check di verifica verso la metà di maggio. Le rassicurazioni di Draghi però non sono bastate all’alleato di governo.
Attriti nella maggioranza
Nei giorni successivi il leader della Lega ha avviato una vasta campagna di propaganda a favore dello spostamento del coprifuoco; nei profili social e in ogni intervento pubblico non ha mai mancato occasione di pronunciarsi a favore del tema. È stata anche lanciata una petizione in cui si chiede ai cittadini di lasciare una firma per manifestare il proprio rifiuto all’attuale orario del coprifuoco.
La strategia adottata dalla Lega non è casuale: il tema del coprifuoco è stato individuato come l’argomento principale su cui portare avanti la propria propaganda, contando sul fatto che i cittadini vivono una situazione di insofferenza verso le restrizioni dell’orario.
L’iniziativa della raccolta firme è stata seguita da diverse accuse provenienti dalla maggioranza che sostiene il governo: in particolare il PD del nuovo segretario Enrico Letta, ha evidenziato come la Lega, nonostante sia un partito della maggioranza che sostiene Draghi, abbia attuato una campagna comunicativa contro una decisione dello stesso governo; lo stesso Letta ha invitato Salvini ad uscire dalla maggioranza ed evitare di adottare un ruolo, a suo dire, così “ondivago e ambiguo”. Invito prontamente rispedito al mittente dal leghista, intento a continuare a focalizzare la propria ricerca di consensi, seppur in continuo ribasso, attraverso il tema del coprifuoco.
Voci dall’opposizione
Anche Giorgia Meloni, leader dell’unico partito di rilievo dell’opposizione, Fratelli d’Italia (FDI),ha deciso di mettere al centro della propria attuale dialettica politica, la necessità di spostare o abolire il coprifuoco (la logica dietro tale decisione, secondo gli esperti, sarebbe quella di incanalare i consensi e i voti degli elettori di destra, delusi dall’entrata nel governo della Lega).
La strategia adottata da Meloni contro il coprifuoco è stata di natura istituzionale: il 27 aprile ha infatti depositato in Camera dei Deputati, un ordine del giorno per abolire la restrizione: la mozione è stata però bocciata con 233 voti contrari, 48 favorevoli e 8 astenuti.
Ciò in cui l’iniziativa di FDI non ha fallito è stato, invece, mettere in seria difficoltà il proprio alleato di centrodestra: Salvini, infatti, nonostante nelle piazze si dichiari contro il coprifuoco, all’interno del Parlamento non può che adottare un atteggiamento di maggior cautela, in modo da evitare strappi con la maggioranza e ritrovarsi di nuovo fuori dal governo (vedasi Papetee 2019).
Il coprifuoco è stato al centro di molti dibattiti divisivi, sia all’interno della maggioranza che all’interno della coalizione di centrodestra, che ha visto una crescita costante nei sondaggi del partito di Meloni a discapito proprio di Salvini, il quale si è ritrovato stretto fra due fronti (sia a destra che a sinistra) critici verso il suo operato degli ultimi giorni.
Ad oggi l’unica cosa certa, su tale argomento, è la conferma delle 22 come orario limite per tornare all’interno della propria abitazione, almeno fino a metà maggio quando il check di verifica confermerà o meno la possibilità di uno spostamento di orario. La campagna di propaganda nel frattempo prosegue, acquisendo col tempo sempre più motivazioni di base politica, piuttosto che scientifica.