Giustizia: prova di tenuta per la maggioranza
Pochi giorni fa si è svolto una riunione del Consiglio dei Ministri, tra le più incerte e tese dell’attuale governo: il tema principale di cui si è discusso ha riguardato la riforma del processo penale e soprattutto la parte inerente alla prescrizione. Alla fine della riunione, tuttavia, si è votato in modo unanime la riforma, voluta e formulata dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia mentreè attesa a giorni anche la discussione all’interno delle Camere per formalizzare e rendere legge la riforma.
Prima della votazione si sono registrate, come accennato, momenti di tensione all’interno della squadra dei Ministri, in particolare gli esponenti del Movimento 5 Stelle hanno reso noto il loro disappunto direttamente al Presidente del Consiglio Mario Draghi. Tale riforma andrebbe a modificare, infatti, l’attuale legge firmata dal precedente Ministro della Giustizia e deputato 5S, Alfonso Bonafede.
I motivi della- pur moderata- protesta grillina non riguardano però meramente l’abolizione di una legge di un esponente 5 Stelle; la ragione ha radici più politiche: la legge (c.d. “Bonafede”) rappresenta infatti una delle “bandiere ideologiche” della storia del Movimento, visto come baluardo a difesa della legalità in Italia. Con la sua, ipotetica, abolizione, cadrebbe un importante pilastro politico ed identitario grillino.
I 5S hanno da sempre fatto della lotta all’illegalità uno dei loro tratti caratteristici e la legge “Bonafede” ne rappresenta infatti il risultato ultimo: essa prevede, tra le altre cose, la sospensione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio per permettere in Appello e Cassazione processi lunghi e dettagliati, senza ingerenze strumentali da parte di avvocati difensori (si parla della pratica ormai diffusa di impugnare provvedimenti e altri artifici per prolungare di anni il processo e far scattare così la prescrizione). In linea pratica questo aspetto ha permesso più chiarezza nei processi e un giusto percorso per arrivare alla sentenza allungando, tuttavia, i tempi in maniera significativa.
Il testo della riforma vuole, invece, diminuire i tempi attuali, cambiando anche la normativa sulla prescrizione: rimane lo stop della stessa dopo il primo grado, tuttavia si prevede una durata massima dei processi di due anni per l’Appello e di uno per la Cassazione; superati tali termini viene attuata l’improcedibilità, che non estingue però il reato (previste inoltre deroghe di un anno in Appello e sei messi in Cassazione, per reati gravi o contro la Pubblica Amministrazione).
La riforma intende mettere mano anche ad altri aspetti del processo penale, come le indagini preliminari (che vedranno diminuire le proprie tempistiche), i riti alternativi e fascicoli delicati.
Il testo approvato dal CdM verrà vagliato dalle Camere il 23 luglio: Draghi ha chiesto una votazione rapida in linea con le scadenze fissate dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, così da assicurare l’arrivo dei primi fondi Europei (la riforma della giustizia è uno dei punti vincolanti per accedere ai fondi).
Tensione in maggioranza?
La notizia dell’imminente riforma ha generato proteste dagli esponenti 5S verso Draghi e Cartabia, ma anche nei confronti dei ministri appartenenti al Movimento, i quali sono stati accusati di servilismo verso governo e di non aver rispettato le disposizioni giunte dai Parlamentari (che si aspettavano un’astensione compatta durante il voto in Consiglio dei Ministri).
I Ministri in questione, Patuanelli (Agricoltura), Di Maio (Esteri), Dadone (Politiche Giovanili, senza portafoglio), D’Incà (Rapporti col Parlamento, s.p.) e Stefani (Disabilità, s.p.) avrebbero invece sostenuto, a propria difesa, di essere riusciti ad ottenere una modifica del testo iniziale della riforma, inserendo la proroga per i reati contro la P.A. (di cui sopra) e, addirittura, di essere stati chiamati e “costretti” a votare a favore direttamente dal fondatore e garante del Movimento, Beppe Grillo, deciso a sposare in tutto la linea di governo di Draghi.
Non è un segreto che Grillo fornisca appoggio al Presidente del Consiglio (non va dimenticato che fu lui a spingere gli eletti a votare la fiducia in Parlamento all’attuale governo), ma in molti sono rimasti stupiti da questa scelta così divisiva, anche in ragione del particolare momento che i 5S stanno vivendo a causa della disputa tra il garante ed il leader in pectore Giuseppe Conte (i due sono riusciti solo domenica a trovare un accordo definitivo).
Rimangono tuttora incerte le prossime mosse dei parlamentari del Movimento in relazione al voto che dovrà ufficializzare il testo di legge; la cosa certa è che i prossimi giorni si preannunciano fondamentali per la tenuta della maggioranza. Se i 5S decidessero di ostacolare la riforma votando contro, la stabilità politica del Paese subirebbe un duro colpo, con inevitabili conseguenze anche sul fronte europeo.
Non resta altro che aspettare i prossimi sviluppi in Parlamento.