Giovani e criminalità: l’impatto della pandemia
Già a Marzo 2020, quando il Covid-19 non aveva ancora attecchito in certe regioni del mondo, il crimine organizzato si preparava a difendere i suoi territori da questo nemico non convenzionale. I gruppi criminali composti principalmente da giovani, o nei quali i giovani hanno un ruolo di spicco, hanno reagito in modo molto particolare. In Brasile, per esempio, dove si stima che il crimine giovanile sia cresciuto del 140% negli ultimi 10 anni, le gang delle favelas hanno velocemente preso la situazione in mano. Grazie al loro uso dei social sono stati in grado di diffondere informazioni sul coprifuoco e sulle altre restrizioni alla popolazione. Molti gruppi hanno anche svolto il ruolo della polizia, pattugliando regolarmente il territorio per assicurarsi del rispetto delle regole da parte dei cittadini.
Tanti gruppi criminali organizzati hanno anche distribuito direttamente pacchetti di aiuti ai membri vulnerabili della comunità, “comprandosi” di fatto la fedeltà della popolazione per il futuro più prossimo. Così facendo si sono assicurati una base di reclutamento che vedrà molti giovani in difficoltà unirsi a loro. Vantaggi come questi spiegano anche il perchè della pubblicità che si crea attorno a queste operazioni pseudo-umanitarie. Le gang, infatti, ascrivono i loro simboli e colori ai pacchetti di aiuti, proprio come delle vere e proprie onlus. Così chi li riceve sa da chi provengono, mentre l’impotenza dello stato viene sbandierata davanti agli occhi di tutti. Le stesse tattiche sono state utilizzate anche dalle giovani gang di Cape Town, in Sudafrica. Queste, dichiarando una tregua generale, hanno creato le condizioni necessarie per poter aiutare la popolazione distribuendo parcelle di cibo. Così facendo hanno anche evitato la morte di moltissimi giovani nelle guerre di quartiere che si protraggono ormai fin dalla creazione del nuovo Stato sudafricano alla metà degli anni ‘90: solo nel 2019 furono assassinate 900 persone in città.
L’assenza dello Stato e l’avanzata della criminalità
Molti dei luoghi in cui i gruppi criminali hanno organizzato e guidato la difesa contro il virus sono comprensibilmente poveri. Di solito, come in Brasile, c’è un’alta densità di popolazione (48,258 abitanti per km2 a Rocinha contro gli 812 di Roma), che non ha letteralmente lo spazio per vivere. Inoltre, i servizi igienici sono inaffidabili, favorendo la diffusione di malattie (come il Covid-19) che possono spesso diventare mortali in mancanza delle cure mediche necessarie. I gruppi di giovani criminali, che solitamente dedicano le loro risorse alla guerra e al traffico di droga, hanno quindi deciso di fare le veci dello Stato. Vista la gravità della pandemia, molti governi si sono ritrovati costretti a concentrare la quasi totalità delle loro forze di sicurezza a protezione di strutture mediche e magazzini contenenti vaccini, tamponi e altro materiale sanitario. A causa della limitatezza delle risorse, molti Stati in via di sviluppo si sono scoperti incapaci di rispettare le loro responsabilità sociali. Come conseguenza, in un Paese come il Brasile, senza le gang, nessuno sarebbe stato in grado di mantenere il controllo sul territorio. Le conseguenze a livello di criminalità e ordine pubblico avrebbero potuto essere catastrofiche. Uno studio a Rio de Janeiro ha calcolato che paradossalmente i quartieri “in mano” allo Stato hanno sofferto più morti da Covid-19 che quelli controllati dalle gang. Risultati simili sono emersi anche in Messico e in Colombia. L’ironia- amara- di questa situazione è ingigantita se si pensa alle dichiarazioni del Presidente del Brasile, Jair Bolsonaro. All’inizio della pandemia fu uno dei primi a ignorare gli effetti del virus, negando la serietà della situazione e comparandolo addirittura a una piccola febbre. La sua voce faceva parte di un coro formato da capi di Stato negazionisti tra i quali, per esempio, figurava anche lo statunitense Donald Trump. Lo stesso Bolsonaro dichiarava inoltre l’inutilità delle misure di contenimento, le stesse che i suoi giovani rivali delle favelas hanno implementato per salvare parte della popolazione più povera.
Giovani, criminalità e nuove tecnologie
L’abilità, ma anche la voglia di molte organizzazioni criminali di aiutare in questo modo la popolazione, però, dipende principalmente dalla natura del loro business. Tante di loro infatti sopravvivono solo grazie al traffico di droga, che gli permette di incassare milioni mentre la gente intorno a loro muore di fame. La dipendenza creata da certe sostanze fa in modo che la loro base di clienti, o il prezzo della mercanzia stessa, rimangano invariabili. Questa garanzia di guadagno gli permette di evitare gran parte della crisi economica post-pandemia e investire nella protezione di quelle stesse persone a cui poi vendono sostanze estremamente pericolose.
Di fatto, i gruppi di giovani criminali sfruttano la carenza di personale statale e i cambiamenti nel mercato della droga internazionale per creare condizioni favorevoli al loro business. Tale scenario ha incentivato cruenti scontri armati per la divisione del potere. In questi casi le misure di distanziamento hanno avuto un effetto minimo, quasi controproducente. I lockdown e i coprifuoco, infatti, hanno velocizzando la creazione delle condizioni adatte all’inasprimento della lotta.
L’isolamento, rallentando le attività quotidiane, ha creato anche le condizioni adatte perché gruppi di giovani criminali, dotati di familiarità con Internet e le nuove tecnologie, potessero sfruttare l’aria d’impunità. In Brasile, ma anche in Italia, Spagna, Portogallo e Stati Uniti, gruppi di giovani hacker hanno intensificato il traffico di droga online e la vendita di tamponi e strumentazione respiratoria fasulli. Nei Paesi più industrializzati e tecnologicamente avanzati, come l’Italia, gruppi criminali organizzati hanno piazzato gli stessi prodotti anche nel DarkNet. Questi sono ovviamente quasi tutti contraffatti e raramente funzionano come dovrebbero, mettendo a rischio la vita di tutte quelle persone che si ritrovano alla fine della catena di distribuzione.
Un ultimo effetto negativo legato a questo fenomeno che vale la pena sottolineare riguarda il vantaggio che una crisi economica e la sofferenza causata dalla pandemia può portare a gruppi criminali organizzati nell’ambito del reclutamento. Particolarmente diffusa tra le mafie in Italia, questa pratica fa leva sulle condizioni di difficoltà economica e disagio sociale (oggi acuiti dalla pandemia) e sull’incapacità di offrire sicurezza da parte dello stato per convincere o forzare giovani vulnerabili della comunità a unirsi alle varie organizzazioni criminali. Questi poi vengono impiegati nell’usura e nell’estorsione, sia su piccoli commercianti che sulle realtà imprenditoriali del territorio.