Fratelli d’Italia e il futuro della destra europea
Tra il 3 e il 4 dicembre, Varsavia sarà teatro del vertice con protagonisti i maggiori partiti della destra europea, che avrebbero in programma di annunciare la creazione di un unico gruppo sovranista ed euroscettico all’interno del Parlamento europeo. Il progetto tratta di un’unione ancora più forte e coesa per stabilire un fronte comune riguardo le necessità dei partiti di destra in Europa, che ha però incontrato un ostacolo: Giorgia Meloni.
La leader di Fratelli d’Italia, non sembrerebbe condividere l’ideale portato avanti da Marine Le Pen, Matteo Salvini, Viktor Orban e Jaroslaw Kaczynski. Infatti, il sogno di una maggiore coesione in Europa sembra non aver convinto Meloni, che recentemente ha comunicato che non intende lasciare l’ECR, il partito dei Conservatori e Riformisti Europei, creato nel 2009 e di cui è attualmente presidente, né partecipare al vertice di Varsavia.
L’annuncio è arrivato dal co-presidente dell’ECR, Raffaele Fitto, che, d’accordo con la leader di Fratelli d’Italia, ha dichiarato che la creazione di un nuovo gruppo «non è all’ordine del giorno». D’altra parte, Fitto, nella seconda parte del suo mandato da presidente, ha confermato la volontà di rafforzare l’European Conservatives and Reformists Party, a cui appartengono anche i discussi Diritto e Giustizia (Pis) polacco e il partito di estrema destra spagnolo Vox.
Il Veto di Giorgia Meloni
L’obiettivo principale del progetto, di cui è principale promotrice la francese Le Pen, è quello di convogliare i larghissimi consensi ottenuti nei rispettivi Stati dai partiti populisti in un’unica forza politica che sia in grado di pesare di più sulla bilancia delle decisioni europee. Il primo passo delle destre comunitarie verso una maggiore coesione si è verificato a luglio di quest’anno, quando sedici partiti tra destra ed estrema destra avevano firmato un documento chiamato “Dichiarazione sul futuro dell’Europa”. Tra i firmatari, oltre alla Lega, FdI, Vox, Pis e Fidesz, compaiono anche partiti più piccoli di altri Paesi europei come Austria, Belgio, Olanda, Danimarca e Grecia, con la pesante assenza del partito di estrema destra tedesco Alternative für Deutschland.
Il documento contiene un appello al mantenimento delle tradizioni e dei valori comuni a questi partiti e all’attuazione di politiche pro-famiglia per ovviare al calo demografico. I firmatari accusano le istituzioni europee di essere sotto il controllo di forze radicali il cui progetto sarebbe di “distruggere” gli Stati sovrani e i loro valori fondanti, costruendo «un Superstato europeo senza nazioni». Un motivo di scetticismo nei confronti di questo documento concerne l’assenza, al suo interno, di concreti piani operativi per l’attuazione del progetto.
Nonostante la Dichiarazione fosse stata già allora presentata come una dimostrazione di coesione della destra europea, non mancava infatti il malcontento tra i firmatari, scettici rispetto ad una possibile futura unione sotto lo stesso nome. Tra i più diffidenti a riguardo, troviamo sicuramente Giorgia Meloni e il suo partito, convinti solo all’ultimo momento ad apporre la firma sulla Dichiarazione.
Lo scorso 10 novembre, il co-presidente Fitto, congiuntamente all’eurodeputato polacco di Pis Ryszard Legutko, ha dichiarato che Giorgia Meloni e altri membri dell’ECR non avevano intenzione di unirsi in una nuova “grande famiglia” di nazionalisti europei. Dall’ultima riunione del Partito era risultata evidente una condivisa volontà di rafforzare e, addirittura, espandere il gruppo dei conservatori e riformisti europei.
I vertici dell’ECR hanno infatti invitato ad unirsi al gruppo gli esponenti della delegazione europea di Fidesz, partito capeggiato dall’ungherese Orbán, visto che questi ultimi sono attualmente senza famiglia politica all’interno delle istituzioni comunitarie, a seguito della loro uscita dal Partito Popolare Europeo. La leader di Rassemblement national Marine Le Pen, in vista dell’incontro di Varsavia, ha esortato Meloni in un’intervista al Corriere della Sera, ad unirsi al progetto, rivolgendosi alla stessa con toni diplomatici, sostenendo fortemente che un’unione tra le destre possa rappresentare «l’avanguardia della rifondazione europea». Le Pen conta in particolare sulla Lega, che considera «un partito fratello di Rassemblement national» e su Matteo Salvini, che insieme a lei è uno dei principali promotori del progetto.
Il successo di questo progetto significherebbe un cambiamento di appartenenza e, soprattutto, di ruoli, all’interno delle istituzioni comunitarie per i due partiti italiani coinvolti, andando ad amplificare la sensazione che i due leader siano sempre più in competizione, sia sul piano interno che sul piano europeo. Infatti, se Fratelli d’Italia aderisce all’ECR garantendosi ruoli rilevanti e incisivi in Europa, la Lega di Salvini, al contrario, sta perdendo consensi nel gruppo Identità e Democrazia, tanto da essere esclusa da qualsiasi ruolo di potere.
L’unione in una grande destra europea favorirebbe il partito di Salvini, mentre andrebbe, probabilmente, a ridimensionare il potere che ha attualmente Giorgia Meloni. Non a caso, Meloni si è imposta ribadendo che FdI ha intenzione di rimanere saldamente all’interno del gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei. Questa decisione è sembrata però un azzardo agli occhi degli altri leader europei di destra: con l’adesione di Vox e Pis al progetto di un’unione dei sovranisti in Europa, l’ECR perderebbe circa 31 eurodeputati su un totale di 63, diminuendo notevolmente il suo peso.
Nonostante ciò, Meloni non sembra aver intenzione di cedere. La decisione sulla nuova famiglia populista europea va presa in fretta, in quanto la definizione dei nuovi assetti dei gruppi europei avverrà entro fine anno, in concomitanza con il rinnovo degli organi del Parlamento europeo. Sarà importante, e interessante, osservare le decisioni del partito polacco Pis, che con i suoi 24 rappresentanti è la forza politica più influente all’interno dell’Ecr e che, separandosi, potrebbe isolare Fratelli d’Italia e Meloni con forze europee minori.
Editing e fact checking a cura di Alice Spada.