Eye of fire: l’incendio nelle acque del Golfo del Messico
Le immagini surreali del cerchio di fuoco nel bel mezzo dell’Oceano, circolate in rete a partire dallo scorso venerdì, hanno causato non poco stupore agli occhi dei più. Si è trattato di un vero e proprio incendio sulla superficie dell’acqua a ovest della penisola messicana dello Yucatan.
“Eye of fire”, così è stata soprannominata la fiammata circolare causata da una fuga di un oleodotto sottomarino che ha innescato l’incendio catturato nelle immagini diventate virali. L’oleodotto in questione è di proprietà della società statale messicana Petroleos Mexicanos, anche conosciuta come Pemex. Questo si collega alla piattaforma Ku-Charly, nel campo petrolifero di Ku-Maloob-Zaap, nella Baia di Campeche, a sud del Golfo del Messico. L’incidente ha avuto luogo intorno alle 5 del mattino e si registra che le fiamme siano state completamente spente circa cinque ore dopo, intorno alle 10, con l’aiuto dell’azoto.
Secondo un rapporto della società Pemex, una possibile causa scatenante è stata riscontrata in una forte tempesta elettrica e forti piogge che avrebbero colpito gli impianti di Ku Maloob Zaap.
Su Twitter, il capo regolatore per la sicurezza petrolifera del Messico, Angel Carrizales ha dichiarato che l’incidente non ha generato alcuna fuoriuscita, senza tuttavia spiegare che cosa esattamente stesse bruciando. Di contro, Gustavo Alanis, membro della CEMDA (Centro Messicano dei Diritti Ambientali), ha spiegato che una conclusione simile è da considerarsi affrettata e che la compagnia dovrebbe invece preparare uno studio dettagliato sull’impatto ambientale dell’incidente. Alla richiesta si sono poi uniti gruppi per la protezione ambientale, tra cui Greenpeace. In generale, l’inquietudine e lo stupore di un oceano in fiamme hanno fatto emergere il malcontento riguardo l’estrazione di combustibili fossili. Il Center for Biological Diversity, su Twitter, ha chiesto una moratoria sui nuovi contratti di locazione di petrolio nel Golfo del Messico, criticando duramente la pericolosità degli impianti off-shore.
Ad oggi il centro di Ku Maloob Zaap rimane il più grande impianto di estrazione di petrolio greggio della società messicana, produttore di oltre il 40% dei suoi quasi 1,7 milioni di barili giornalieri. Sebbene Ku-Maloob-Zaap produca in media circa 700.000 barili di petrolio al giorno, Pemex ha comunque registrato rendimenti negativi, raggiungendo un debito di circa 114 miliardi di dollari secondo Bloomberg News. Di conseguenza, l’azienda non sarebbe stata in grado di investire in nuove tecnologie di estrazione e dunque di garantirne la sicurezza.