Cambiamento climatico: c’è una causa contro lo Stato italiano
Cambiamento climatico: c’è una causa contro lo Stato italiano

Cambiamento climatico: c’è una causa contro lo Stato italiano

Cambiamento climatico: c’è una causa contro lo Stato italiano

La storica sentenza sul clima pronunciata dalla Corte costituzionale tedesca ha effettivamente rappresentato un precedente importante nella lotta ai cambiamenti climatici, in Europa e anche in Italia. Diverse associazioni italiane, infatti, nei giorni scorsi hanno preso ad esempio l’iniziativa tedesca citando in giudizio lo Stato italiano, accusato di inerzia in relazione alla situazione di pericolo dovuta all’emergenza climatica, e giudicando le politiche ambientali sinora adottate del tutto inefficaci e inadeguate. Si tratta, ancora una volta, di un passo fondamentale della società civile, sempre più coinvolta in quella che rappresenta, di fatto, la lotta più importante per la sopravvivenza del genere umano.

I promotori

La causa legale è stata promossa nell’ambito della campagna di comunicazione “Giudizio Universale” del gruppo ambientalista “A SUD” che sta attualmente raccogliendo firme sul suo sito ufficiale per supportare il progetto. Il nome, tutt’altro che casuale, mira a sensibilizzare i cittadini, ponendo l’accento sulla portata della sfida che l’umanità è chiamata ad affrontare.

L’azione legale è stata intentata da 203 soggetti, tra gruppi ambientalisti come Fridays for Future e singoli cittadini. Tra questi, spicca in particolare la presenza di numerosi minorenni, che vengono dunque rappresentati in giudizio dai genitori. Le fasce più giovani, non stupisce, sono quelle maggiormente coinvolte in vicende giudiziarie di questo tipo, avendo già in passato ricoperto un ruolo centrale in diverse occasioni. È il caso, ad esempio, dei sei ragazzi portoghesi che, con il supporto dell’organizzazione no profit Global Legal Action, hanno accusato diversi Paesi di non aver rispettato l’Accordo sul clima di Parigi. 

Tuttavia, va tristemente constatato che le due principali organizzazioni ambientaliste presenti in Italia, Legambiente e Greenpeace, non hanno preso parte all’azione giudiziaria. La stessa Greenpeace, peraltro, ha partecipato a una causa simile nei Paesi Bassi contro una delle principali società petrolifere del Paese, la Royal Dutch Shell, ottenendo una riduzione delle emissioni ben più alta di quella inizialmente promossa dall’azienda. Stando alle parole del direttore della divisione italiana del celebre gruppo ambientalista, Giuseppe Onufrio, in Italia la politica dipenderebbe dalle grandi aziende e dunque agire contro lo Stato potrebbe non essere sufficiente.

La causa 

Andando più nello specifico, il gruppo ambientalista A SUD ha diffuso un comunicato stampa con cui chiarisce le richieste avanzate dai ricorrenti in Tribunale. 

Si richiede che lo Stato acquisisca consapevolezza dell’emergenza climatica tutt’ora in corso, ponendo grande enfasi sulle lacune dell’azione politica e, infine, sui diritti lesi dei cittadini. L’impatto del cambiamento climatico sui diritti fondamentali dell’uomo, infatti, non può essere trascurato, in quanto il diritto alla vita, al cibo o all’acqua sono pericolosamente minacciati. Affinché l’Italia possa rispettare i molteplici accordi internazionali ratificati negli anni in materia climatica, i diversi gruppi hanno richiesto un taglio delle emissioni di gas serra del 92%, rispetto ai livelli del 1990, entro il 2030. Si tratta di una riduzione in linea con i dati scientifici delle organizzazioni indipendenti Climate Analytics e New Climate Institute, che hanno in passato effettuato stime tenendo conto del livello di sviluppo e della ricchezza dei singoli Paesi.

Attualmente sono molteplici le cause ambientali in corso, sebbene quella tedesca abbia avuto grande risonanza proprio per via della sentenza favorevole del più alto grado di giudizio. Va detto però, dal momento che in Germania sono stati necessari circa tre anni per concludere l’iter giudiziario, che sarebbe lecito aspettarsi, dati i tempi estremamente lunghi della giustizia italiana, un procedimento più lento che potrebbe concludersi troppo tardi per cambiare gli obiettivi prefissati per il 2030. 

Queste iniziative giudiziarie dimostrano comunque come la società civile globale sia sempre più preoccupata dai cambiamenti climatici e come chieda a gran voce risposte concrete da parte delle istituzioni, le cui azioni si sono sinora rivelate insufficienti su molti fronti. Non a caso, si parla sempre più di ecoansia, ovvero della “paura cronica della rovina ambientale” e degli effetti che i cambiamenti climatici possono avere sulla nostra esistenza. Numerosi studi sono ancora in corso in tal senso, sebbene sia già evidente come la società sia sempre più allarmata da un contesto in cui immaginare un futuro diventa sempre più difficile. Ciò vale maggiormente proprio per i più giovani che, oltre ad aver subito gli effetti delle crisi economiche recenti, sono ora chiamati a prender parte al “Giudizio Universale.”