Calcio e Vaccini: il curioso caso della Copa America
10 nazioni ed un continente. Lo scorso 13 giugno, in Brasile, ha avuto inizio la 47esima edizione della Copa America, la maggiore competizione calcistica a livello continentale e la più antica al mondo (fondata nel 1916), che raggruppa le maggiori nazioni Sudamericane. Secondo programmazione, la competizione avrebbe dovuto svolgersi nell’estate del 2020 esattamente come Europei ed Olimpiadi; nell’intenzione degli organizzatori, Colombia e Argentina avrebbero dovuto essere le due nazioni ospitanti, con due gironi da 5 squadre assegnato a ciascun Paese, per poi alternare le sedi della fase ad eliminazione diretta fino alla finale. Qatar e Australia, invece, le due nazioni invitate a questa edizione.
Lo scoppio della pandemia, però, non solo ha obbligato la CONMEBOL (la massima federazione sudamericana) a posticipare l’avvio della competizione, ma ne ha stravolto l’assetto: dopo lo slittamento al 2021, le due nazionali “ospiti” hanno comunicato il loro ritiro dalla competizione mentre le crisi sanitarie (unite spesso a quelle politiche) hanno messo a repentaglio la sicurezza di Argentina e Colombia. Queste ultime si sono così viste strappare dalla federazione l’organizzazione della competizione, a favore del Brasile (già Paese ospitante nel 2019).
Similmente a quanto avvenuto in Europa e Giappone, anche in Sudamerica molte voci si sono sollevate per chiedere la sospensione (o ulteriore rinvio) della Copa, ma la CONMEBOL ha garantito la massima sicurezza per i giocatori e gli staff tecnici, insieme alla conferma che le partite sarebbero state giocate a porte chiuse, ovvero senza i tifosi allo stadio.
La maggior garanzia offerta dalla federazione è stata rappresentata da una campagna vaccinale dedicata interamente allo staff e ai giocatori. La notizia, tuttavia, ha provocato non poche polemiche per le ragioni più diverse.
Il vaccino-sponsor
Abbiamo già avuto modo di parlare dei legami storici tra l’America Latina e la Cina, affrontando anche l’ultima frontiera della cooperazione tra le due regioni del mondo: la lotta al Covid-19. A tal proposito la CONMEBOL ha ricevuto la donazione di ben 50,000 dosi di vaccini Sinovac da Pechino da utilizzare per tutte le divisioni professionistiche di calcio, sia maschile che femminile, oltre che per le nazionali maggiori impegnate nella Copa America. I ritardi nella distribuzione degli altri vaccini “occidentali”, infatti, ha spianato la strada nella regione ai corrispettivi “asiatici”, cinesi e russi su tutti; tuttavia, sebbene tali soluzioni fossero state accolte con piacere dalle popolazioni poste in crisi dal collasso sanitario nazionale, il nuovo accordo stretto tra Pechino e la CONMEBOL (nella figura del suo presidente, Alejandro Dominguez, e del Presidente dell’Uruguay, Luis Lacalle Pou) ha messo in cattiva luce la federazione poiché, a seconda di molti, le dosi promesse sarebbero di grande aiuto in molti Paesi ancora alle prese col virus. La scelta di spostare la sede della competizione in Brasile, inoltre, ha attirato altrettante perplessità dato che la situazione pandemica nel Paese è ancora critica e lontana dallo stabilizzarsi.
Inoltre, i vaccini prodotti dalla Sinovac BioTech, sebbene largamente distribuiti nella regione, in alcuni Paesi sono considerati ancora di qualità inferiore rispetto agli equivalenti “occidentali”. Passando poi ad un altro ordine di difficoltà, va specificato che in alcuni Stati, come il Brasile, la legge impone che ogni dose importata venga somministrata prioritariamente alle fasce di popolazione più a rischio: vaccinare i calciatori metterebbe, dunque, in difficoltà il governo di Brasilia. In altri Stati, come l’Argentina, invece, il vaccino non è ancora stato approvato per l’utilizzo sulla popolazione. Nonostante queste problematiche, il nome di Sinovac BioTech è facilmente riconoscibile tra i cartelloni pubblicitari a bordo campo, essendo divenuto sponsor ufficiale della competizione.
La campagna pubblicitaria ha inoltre coinvolto alcuni tra i maggiori protagonisti della competizione, tra i quali Lionel Messi (Argentina) e Luis Suarez (Uruguay), nella speranza di poter dare maggiore visibilità alla collaborazione tra i due attori. Tutto questo, però, non ha ottenuto il risultato sperato: nonostante le ingenti somme donate, infatti, diverse nazionali sono comunque state colpite da alcuni casi di contagio che rischiano di condizionare l’andamento della competizione. Inoltre, osservare il ritorno sugli spalti (sebbene limitato) delle tifoserie europee in occasione di Euro2020 e la scarsa incidenza di contagi tra i protagonisti della competizione ha acuito ancor di più i malumori tra coloro i quali parlano di un generale fallimento della collaborazione tra la CONMEBOL e Pechino.
(Dis)Accordi
Qualunque appassionato di sport- qualsiasi sport- sa bene quanto possano essere importanti gli sponsor per tutti i professionisti (atleti e staff) che ne prendono parte. La crisi economico-sanitaria dettata dalla pandemia ha trasformato certamente il peso specifico dei finanziamenti che gli sponsor possono offrire: la “prepotenza” di Sinovac è giustificabile, dunque, dall’ostinatezza con la quale la CONMEBOL ha deciso di confermare a tutti i costi lo svolgimento della Copa America 2021.
Il rischio di una debacle economica (con la sospensione del torneo almeno fino al 2023) e d’immagine (la UEFA aveva dato il via libera ad Euro2020) hanno obbligato la federazione sudamericana a cedere alle offerte cinesi, consegnando a Sinovac BioTech il quasi completo monopolio della campagna vaccinale per il calcio professionistico. Questa breccia, unita e dovuta alla congiuntura internazionale, rischia di spianare la strada alla potenza asiatica per un ingresso diretto nel mondo dello sport sudamericano, che potrebbe finire col far pagare a caro prezzo il costo dell’aiuto sanitario. Co-responsabile di questa situazione è, sebbene indirettamente, infine, il ritardo della distribuzione dei vaccini “occidentali” nel continente: infatti, mentre in alcune zone del mondo sono in corso vaccinazioni massive, dove le opzioni vaccinali sono molteplici, molti Paesi in Sudamerica si ritrovano a dover stringere accordi semi-monopolistici che mettono in ulteriore crisi il potere dello Stato.