Associazionismo è politica
Cosa vuol dire associazionismo? È un tema di cui non si parla troppo, nonostante sia molto interessante notare la quantità di associazioni no profit presenti sul territorio italiano. Questo discorso è venuto alla luce quando, con il ritorno di Enrico Letta alla segreteria del PD, sembrava essere tornata sul tavolo politico anche la questione del voto ai 16enni, i cui argomenti contrari orbitavano intorno ad una domanda, con una risposta già bell’e pronta evidentemente: “ma i 16enni si interessano di politica?”. La risposta era, appunto, implicitamente no: troppo poco “maturi” per esprimere un’opinione politica.
Per fortuna, a smentire questi pregiudizi ci pensano gli stessi giovani. Sono loro a prendersi gli spazi sociali che non gli vengono concessi, attraverso, appunto, delle associazioni. Perché fare associazionismo è già fare politica: avere a cuore gli interessi del proprio territorio, creare reti sociali intergenerazionali, preservare il proprio patrimonio artistico e culturale sono tutti rami dello stesso albero che, seppur spogliato delle sue intenzioni politiche, ne conserva comunque l’essenza.
L’associazionismo e il servizio civile dei giovani
Oggi in Italia si discute anche di Terzo settore, ossia «quell’insieme di enti privati che, senza scopo di lucro, perseguono finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà, promuovono e realizzano attività di interesse generale attraverso il volontariato, la mutualità o la produzione e lo scambio di beni e servizi». Si legge questo nel volume “Dalla parte del Terzo settore. La riforma letta dai suoi protagonisti”, scritto da Antonio Fici e altri autori, pubblicato nel 2020. I dati dell’associazionismo, nucleo centrale del Terzo settore, sono fiduciosi: secondo l’ultimo aggiornamento del Censimento permanente delle istituzioni non profit dell’Istat, al 31 dicembre del 2018 in Italia le organizzazioni erano quasi 360mila mentre i volontari salgono a 5,5 milioni. Rispetto al 2001 vi è una crescita del 50%- che non è poco- anche e soprattutto nel Mezzogiorno, fino ad ora in “svantaggio” rispetto al numero di associazioni presenti nel Nord Italia.
Con la riforma del Terzo settore viene istituito il servizio civile universale, finalizzato alla «difesa non armata e non violenta della Patria, all’educazione alla pace tra i popoli, nonché alla promozione dei valori fondativi della Repubblica». Il testo di riforma (decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40) dispone dunque, in primo luogo, l’istituzione del servizio civile “universale” (nella precedente normativa il riferimento era al servizio civile “nazionale”).
Nell’ultimo anno le richieste per il servizio civile sono state molte, calcolando anche il requisito anagrafico: il target di riferimento oscilla, infatti, tra i 18 e i 29 anni quindi obbligatoriamente giovani e giovanissimi. Sia il servizio civile, svolto all’interno di enti e associazioni, sia l’associazionismo no profit hanno come principio fondamentale il valore della solidarietà, che si plasma in base alle attività da svolgere.
Questi dati non solo sfatano il mito che vuole i giovani pigri, immobili e svogliati– che è di per sè una grande menzogna- ma il fatto che le attività svolte facciano parte del mondo del volontariato, in cui non si percepisce denaro, sottolinea anche la volontà e l’impegno dei giovani d’oggi nel voler mettersi al servizio del bene comune. Un esempio lampante riguarda proprie le attività svolte durante la pandemia, in cui associazioni presenti sul territorio italiano, tra cui la protezione civile, si sono messe in gioco per consentire la distribuzione del cibo agli anziani o a chi, avendo difficoltà di varia natura, non avrebbe potuto procurarsi beni di prima necessità.
Si potrebbero fare mille esempi ma ciò che è importante è continuare a dare risalto ai volontari o a tutti quelli che, attraverso l’associazione e, quindi, la partecipazione, riescono a mantenere saldi i valori fondanti di una comunità. Dopotutto, ricordiamo che, come aveva già profetizzato Giorgio Gaber: «Libertà non è star sopra un albero […] è partecipazione».