Accordo per la riforma Cartabia: il testo passa alla Camera
Giovedì 29 luglio, in tarda serata, è stata formalmente raggiunta l’intesa sulla delicata questione della riforma della Giustizia, portata avanti dall’’attuale ministra Marta Cartabia e che, per molti giorni, ha tenuto la maggioranza in un precario equilibrio. Ciò soprattutto a causa della posizione a tratti avversa (se non ostile) del Movimento 5 Stelle restio nell’accettare di vedere cancellata la precedente legge (Bonafede) da loro voluta e formulata.
I protagonisti delle trattative possono vedersi attribuire in egual misura la buona riuscita dell’accordo e, per una volta tanto, godere tutti di una vittoria: primo fra tutti il presidente del Consiglio Mario Draghi, che è riuscito a tenere unita la maggioranza in quello che è stato, fin qui, uno dei peggiori momenti di crisi del suo governo, nel quale è stato coinvolto uno dei dicasteri più delicati dell’esecutivo.
Può definirsi soddisfatto, soprattutto per il difficile contesto che sta attraversando il suo partito, anche il leader in pectore del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, il quale si è visto accordare le richieste di alcune modifiche al testo originario della legge, presentando il tutto alla fine come una vittoria del Movimento. Un risultato non scontato in quanto una parte consistente dei 5S (i più rigoristi in materia giustizia) non hanno ancora accettato la riforma, convinti che minerebbe la natura originaria del Movimento. Tuttavia, appare improbabile un voto contrario in aula di quest’ultimi.
La Lega, per non giocare un ruolo di secondo piano,è riuscita ad inserire alcuni accorgimenti rilevanti al testo, attestandosi parte del merito per l’accordo. Più defilati, con un ruolo da mediatori, il Partito Democratico e Forza Italia, soddisfatti per la buona riuscita dei lavori.
Dopo il voto in Consiglio dei Ministri, il testo della riforma Cartabia è approdato in Parlamento domenica per un primo giro di votazioni inerenti alcune pregiudiziali di costituzionalità, presentate dall’opposizione, regolarmente respinte; in seconda seduta, svoltasi durante la serata di lunedì, la legge, incassando il voto di fiducia chiesto da Draghi, è passata in Camera dei Deputati, con oltre 460 voti a favore e circa 50 contrari.
Il contenuto del nuovo testo
A differenza della prima stesura, il disegno di legge attuale contiene significative modifiche che riguardano determinati reati soggetti in maniera differenziata rispetto al meccanismo dell’improcedibilità (ovvero la principale novità apportata con la riforma).
I 5 Stelle sono riusciti ad ottenere che i reati di mafia e terrorismo siano esentati dal meccanismo di improcedibilità sopra citato (con alcune deroghe, invece, per le aggravanti mafiose).
Cambiamenti importanti anche per i reati di violenza sessuale e di traffico di droga (voluti dal Segretario della Lega e senatore Matteo Salvini): per questi ultimi è previsto un ulteriore estensione di processo per un anno in Appello e sei mesi in Cassazione (l’estensione verrà attuata esclusivamente nel periodo inerente i primi tre anni dall’inizio della riforma).
Previste inoltre ulteriori proroghe, che potranno essere richieste dai giudici tramite ordinanza, quando sussistono determinate condizioni: tali proroghe si riferiscono ai reati di associazione mafiosa, violenza sessuale, eversione, scambio politico mafioso, reati con finalità al terrorismo e associazione finalizzata allo spaccio.
La legge approderà in Senato al termine della pausa estiva, quando Palazzo Madama riprenderà i lavori e potrà apporre il suo via libera per la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. La riforma entrerà a quel punto ufficialmente in vigore andando a cambiare il sistema giustizia in maniera evidente: molti suoi detrattori hanno espresso critiche al suo meccanismo, temendo episodi di impunibilità per molti processati, altri invece hanno lodato il nuovo corso, augurandosi tempi ristretti per arrivare ad una sentenza definitiva. Vedremo nei prossimi anni gli effetti e l’efficacia della riforma.