Biden vuole abolire la pena di morte negli Stati Uniti?
Secondo quanto rilevato in un report di Amnesty International alle porte del 2019 gli Stati membri della comunità internazionale che hanno abolito la pena di morte erano 142, per legge o nella pratica, lasciando tuttavia il numero di coloro che ancora praticano esecuzioni capitali a 56. Basandoci su tali dati, che risultano essere i più bassi nell’ultimo decennio, sono state registrate ben 483 esecuzioni: il 26% in meno rispetto al 2019 e il 70% in meno rispetto al picco di 1.634 esecuzioni raggiunto nel 2015.
Circa l’86% di tutte le esecuzioni registrate nel 2019 ha avuto luogo in quattro Paesi: Iran, Arabia Saudita, Iraq e Egitto. Per quanto riguarda la Cina invece tali stime restano ignote poiché protette dal segreto di Stato.
Mentre i 27 Stati membri dell’Unione europea hanno abolito la pratica dell’esecuzione capitale aderendo alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e allineandosi alle risoluzioni dell’ONU; a livello mondiale è evidente come la pressione e l’attivismo praticato a protezione dei diritti umani siano diventati sempre più rilevanti e abbiano infiammato il dibattito odierno. Alla fine del 2020 un numero record di 123 Stati ha approvato proprio la risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite per una moratoria sulle esecuzioni.
Stati Uniti e la pena di morte
Per quanto riguarda i numeri oltreoceano, Negli Usa- che rimangono tra i pochissimi Stati americani a ricorrere ufficialmente alla pena di morte- i numeri sono tornati a salire dal 2016 proprio sotto l’amministrazione Trump, che a cinque mesi dalle elezioni aveva reintrodotto le esecuzioni a livello federale, andando in contrasto con le politiche adottate dai suoi predecessori alla Casa Bianca. La prima moratoria introdotta infatti risale al 2003 sotto la presidenza di George W. Bush: da quel momento- e durante i due mandati di Obama-nessun detenuto nel braccio della morte delle prigioni federali era stato sottoposto all’iniezione letale.
Attualmente, tuttavia, sono almeno 46 le persone nel braccio della morte statunitense, l’ultimo caso di esecuzione letale, dopo 17 anni, è stata quella del detenuto Dustin Higgs, in Indiana, proprio nell’ultima settimana del mandato Trump.
La nuova amministrazione democratica di Joe Biden ha deciso di ribaltare tale tendenza, che aveva portato al record di 13 detenuti uccisi in sei mesi. A comunicarlo è stato il ministro della Giustizia, Merrick Garland, spiegando che nel corso della sospensione delle esecuzioni capitali sarà portato avanti, in aggiunta, un piano di revisione delle politiche e delle procedure affinché la nuova moratoria, a differenza del passato, possa risultare irrevocabile, con la conseguenza dunque che le future amministrazioni non potranno nuovamente ribaltarla. Ciò in ragione anche del fatto che attualmente la moratoria non impedisce ai procuratori federali di continuare a chiedere la condanna a morte.
«Il dipartimento di Giustizia deve garantire che chiunque, nel sistema di giustizia penale federale, goda dei diritti assicurati dalla Costituzione e dalle leggi degli Stati Uniti e che sia trattato in modo equo e umano», ha dichiarato Garland sottolineando che «questo dovere ha particolare forza nei casi di condanna a morte».
Infatti, coloro che sono ancora oggi sottoposti a tale provvedimento risultano essere quelle persone che vengono condannate da una corte federale per i reati più gravi del sistema giudiziario statunitense, come: tradimento, spionaggio, omicidi plurimi e particolarmente efferati.
Secondo i dati forniti dal Death Penalty Information Center al momento il sostegno nei confronti della pena capitale negli Usa è ai minimi storici, poiché, come sostenuto da Ruth Friedman, direttrice del Federal Capital Habeas Project: «Sappiamo che il sistema della pena di morte è piagato da discriminazione razziale, arbitrarietà, errori enormi e atroci degli avvocati di difesa e accusa, che lo rendono fallimentare senza appello». Per tali motivi è necessario compiere un ulteriore passo verso la tutela dei diritti umani, sebbene il tema molto delicato sia da decenni un campo minato per i rappresentanti democratici al governo.