The lost girls: che fine fanno le bambine dello spettro?
«Quando parlo, spesso devo aggiungere “dico sul serio” alla fine di una frase, perché ho una scarsa variazione nell’intonazione della voce, e stanotte molte volte non incrocerò lo sguardo con i membri del cast. So che dico o posto cose strane, ma è così che funziona il mio cervello. A chiunque abbia offeso, voglio solo dire che ho reinventato le auto elettriche e manderò le persone su Marte in un razzo. Pensavate pure che sarei stato un tipo normale e rilassato?» Così Elon Musk, quarantanovenne imprenditore e amministratore delegato di varie società, tra cui SpaceX e Tesla, ha aperto il suo monologo al Saturday Night Show la scorsa settimana. La sua descrizione della Sindrome di Asperger, disturbo dello spettro autistico, sembra uscita direttamente da un manuale: persone con elevate capacità logico-matematiche o mnemoniche, socialmente goffe, con interessi particolarmente legati all’ingegneria o alle scienze fisiche, come Raymond del film “Rain Man” del 1988, o, più recentemente, Sheldon Cooper di “The Big Bang Theory”.
Questa immagine delle manifestazioni dello spettro autistico, così spesso rappresentata, non tiene conto, però, delle possibili varianti, delle alternative descrizioni che possono esistere. E, all’interno di questo buco nero quasi completamente ignorato dal pubblico- ma anche dalla ricerca fino a pochi anni fa- si trovano quelle che vengono chaimate the lost girls, le ragazze scomparse.
Differenze di genere nell’autismo: fattore femminile protettivo?
Sin dagli albori della ricerca sull’autismo, negli anni ’40 del secolo scorso, il focus è stato sempre rivolto al genere maschile. Dagli studi di Kanner, psichiatra che per primo parlò di autismo infantile, e di Asperger, pediatra e accademico che darà il nome all’omonima Sindrome, fino ad arrivare alle tesi recenti proposte da Baron-Cohen, psicologo a Cambridge: tutto fa pensare che l’autismo sia una condizione prevalentemente maschile.
L’incidenza con cui l’autismo è diagnosticato nella popolazione maschile è di tre volte superiore rispetto a quella con cui si diagnostica nelle ragazze. Questa proporzione cresce quando si considera la diagnosi di Asperger, che si trova nella parte dello spettro con individui più altamente funzionali. Sembra che le ragazze, quindi, per manifestare tratti autistici, abbiano bisogno di un carico eziologico maggiore: l’autismo nel genere femminile sembra colpire più raramente, ma quando colpisce, sembra farlo più pesantemente. Alcuni autori hanno suggerito che esista un fattore femminile protettivo, che impedirebbe all’autismo di manifestarsi, specialmente nella parte più funzionale dello spettro, come nel caso dell’Asperger. Che sia davvero così? Recenti studi sembrano suggerire di no.
Male bias nelle diagnosi di autismo
«Poi dici che c’è un problema e non ti credono, perché sembri a posto».
«Le ragazze sono brave a mascherare e nascondere il loro autismo, quindi è più difficile riconoscere una ragazza autistica, che ha bisogno di aiuto con il mondo».
Queste frasi sono tratte da uno studio del 2019 di Francesca Happé, ricercatrice al King’s College di Londra, e colleghi. Frasi dette da giovani ragazze e donne che finalmente sono riuscite ad avere una diagnosi di autismo. Frasi che raccontano di anni trascorsi tra psicologi e psichiatri, prima di capire quale fosse la causa della loro difficoltà a relazionarsi con il mondo. Tante sono le bambine e le donne che ricevono diagnosi errate, oppure diagnosi di disturbi correlati all’autismo, come depressione o disturbi di ansia, che però non descrivono completamente il quadro della situazione. Perché le aspettative della società su che cosa sia accettabile per un maschio e per una femmina sono diverse. Se un bambino presenta delle difficoltà evidenti nel socializzare, è più facile che coloro che si prendono cura di lui cerchino una soluzione. Se a presentarle è una bambina, allora può darsi che sia semplicemente timida. E la maniera con cui l’autismo si manifesta nelle ragazze potrebbe essere diversa: ad esempio, invece di essere interessate alla fisica quantistica, alcune bambine nello spettro sono particolarmente interessate alle celebrità. Di certo questo non le rende più neurotipiche, ma sicuramente le rende più difficili da riconoscere. Sembra, quindi, che le bambine autistiche sfuggano alla diagnosi, si camuffino bene e si “nascondano” al di sotto della linea forfettaria che anni di ricerca basati sull’osservazione di maschi hanno disegnato.
Solo da poco, ricercatori e psicologi si stanno muovendo per ridare il giusto riguardo a queste ragazze e donne la cui voce è stata portata via da anni di bias di genere, che le ha private non solo della diagnosi, ma anche della possibilità di ricevere gli strumenti adeguati per riuscire a navigare il mondo. Come racconta ad Happé la madre di una delle ragazze intervistate: «Mia figlia adesso si sente tradita […] sa che c’era un aiuto che avrebbe potuto avere e che avrebbe reso la sua vita più facile».