Alberto Angela non salverà una Rai che odia i giovani
Diciamolo subito: “Ulisse- il piacere della scoperta”, meglio conosciuto come il programma tv di Alberto Angela o, meglio ancora, identificato solo con “Alberto Angela” non è stato né sospeso né cancellato. Le voci, circolate dalla scorsa settimana, che volevano il programma fatto fuori dai vertici di Rai 1 a causa della scarsa performance di ascolti si sono rivelate senza fondamento. Per sedare la rivolta che si stava velocemente armando nel web tra il pubblico pagante – del canone- è dovuto intervenire persino il direttore della rete ammiraglia, Stefano Coletta, che in un tweet ha chiarito le ragioni per cui i prossimi due mercoledì “Ulisse” non andrà in onda.
«Alberto Angela e il team di Ulisse sono al lavoro per le ultime due nuove puntate del ciclo primaverile dedicate a San Francesco e all’ambiente- ha scritto Coletta-. Alcuna sospensione del programma! Solo un piccolo ritardo nella preparazione causa emergenza Covid. Ulisse non si tocca e torna presto!»
Un sospiro di sollievo per tutti e un proiettile sfiorato per la Rai che, dopo il caso Fedez, ha rischiato il secondo scivolone in una settimana. Sebbene, alla fine, la notizia della cancellazione/sospensione del programma si sia rivelata sostanzialmente falsa, l’episodio è servito comunque a mostrare l’attaccamento- sorprendentemente feroce-degli italiani per uno dei pochi programmi culturali in onda sulla Rai (forse l’unico in prima serata) ed ha fornito una buona occasione per una piccola riflessione sui contenuti promossi dalla tv pubblica.
La Rai e i giovani
Senza giri di parole, fatta eccezione per i canali per l’infanzia della Rai, bisogna riconoscere con lucidità che nella tv di Stato non c’è posto per i giovani. È l’eloquente verità di una Rai che riflette l’Italia. Un Paese anziano, pigro, poco creativo e nemico di qualsiasi novità.
Sulla Rai regnano sovrani sceneggiati eterni le cui trame durano decenni, tutte uguali, con i calchi degli stessi personaggi che occupano a ripetizioni le prime serate dei primi canali tv. Talk show e salotti tv tanto inossidabili quanto soporiferi in cui le vuote conversazioni sono la regola e che, francamente, non si capisce bene a chi siano destinati visto che nella prima fascia pomeridiana- in cui vengono trasmessi- i più anziani per lo più riposano e i meno anziani sono a lavoro. I varietà, per cambiare, si mostrano ripetitivi nei format e nelle facce: 2-3 conduttori si avvicendano a turno nella conduzione di tutti i programmi: vi sfidiamo a nominare un programma di intrattenimento targato Rai che non sia condotto da uno a caso tra Flavio Insinna, Carlo Conti e Amadeus. Non pervenuto, poi, il cinema, italiano o internazionale che sia, salvo rare eccezioni.
La Rai, però, non è solo questo, sia chiaro. La tv di Stato fornisce anche contenuti di grande utilità e interesse, approfondimenti, informazione e servizio pubblico lodevoli. Ma anche questi condividono con il resto dei contenuti un fattore comune: l’assenza totale dei giovani, esiliati su piattaforme esterne -anche se ben fornite come RaiPlay– oppure in fasce orarie notturne improponibili per chi il mattino dopo deve svegliarsi presto per adempiere al suo tirocinio rigorosamente non retribuito.
Nessuno spazio è lasciato ai giovani nei contenuti, nella destinazione o nelle conduzioni dei canali prìncipi e negli orari privilegiati. Evidentemente per la tv italiana i prodotti e le facce sono rassicuranti così per il pubblico di riferimento anziano e affezionato alla Rai di sempre. Sì, perché in Rai tutto cambia affinché nulla cambi, in un’illusione in cui il ricambio generazionale è solo simulato. È vero che ormai i giovani vivono su internet e sui canali streaming ma questo è dovuto anche al fatto che non è stato pensato niente per farli rimanere, almeno e soprattutto sulla tv di Stato.
In una tv in cui viene ancora trasmessa, su Rai 1, la Santa Messa, ci meritiamo un Don Matteo alle 21:30. Ma questa, forse, è un’altra storia…