Napoleone Bonaparte: il bicentenario della morte
Napoleone Bonaparte, si spense il 5 Maggio 1821 nell’isola di Sant’Elena, dove era stato esiliato dopo la sconfitta subita a Waterloo. In occasione del bicentenario dalla sua morte è stata inaugurata ai Mercati di Traiano la mostra “Napoleone e il mito di Roma”, che celebra il rapporto tra l’imperatore francese, il mondo antico e Roma, attraverso cento opere (tra le quali sculture, dipinti, stampe, medaglie, gemme) provenienti dalle Collezioni Capitoline e importanti musei italiani ed esteri.
Il mito di Napoleone
L’esposizione si articola intorno tre macro-sezioni: nella prima sono comprese celebri opere antiche e moderne che si riferiscono ai modelli ed ai riferimenti culturali di Napoleone come la statuetta in bronzo di Alessandro Magno a cavallo dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, o il grande bronzo che raffigura Napoleone I Imperatore, dal Louvre, in cui lo scultore Lorenzo Bartolini eseguì un ritratto di Bonaparte all’antica, con la corona d’alloro e le fattezze di un imperatore romano.
Nella seconda macro-sezione sono esposte le opere che narrano il ruolo di Napoleone Re d’Italia ed il suo rapporto con Roma. Inoltre, un’istallazione ripercorre il vasto programma di trasformazione urbana che il Governo Napoleonico voleva applicare a Roma, oltre ad un approfondimento sullo scavo della Basilica Ulpia, raccontato dalle incisioni di Giuseppe Vasi, Angelo Uggeri e Giovan Battista Cipriani e i tre progetti di Giuseppe Valadier e Giuseppe Camporese del 1812, conservati all’Accademia di San Luca.
La terza macro-sezione è dedicata al tema della ripresa di modelli antichi nell’arte napoleonica, come quello dell’aquila romana. Simbolo di questa sezione è la Colonna Traiana che con Napoleone conobbe la sua imitazione più celebre: la Colonna Vendôme a Parigi, simbolo dell’impero e delle sue imprese militari.
Un mistero (forse) risolto
Sebbene l’arte abbia avuto un ruolo rilevante per Napoleone e sia stata il mezzo per celebrare e magnificare la sua figura, è stato proprio un pigmento ad esser considerato tra le cause del suo decesso. Un capello di Napoleone venne analizzato dopo quasi un secolo e mezzo dalla sua morte e furono rilevati significativi livelli di arsenico. Così, furono formulate molte ipotesi su un suo ipotetico avvelenamento.
Durante una trasmissione radiofonica della BBC, nel 1980, lo studioso Dr. David Jones che seguiva il caso, lanciò un appello per scoprire di che colore fosse la carta da parati della camera di Napoleone a Sant’Elena, dove era in esilio. Rispose all’appello Mrs. Shirley Bradley che possedeva un album di ricordi contenente un pezzo di carta da parati raccolto a Sant’Elena nel 1823, dove nel motivo decorativo di colore verde fu rilevato dell’arsenico.
Fu così possibile confermare l’ipotesi della morte di Napoleone dovuta alla “malattia di Gosio”. Questa patologia fu scoperta nel 1893 dal biochimico Bartolomeo Gosio, che determinò come alcune specie di funghi che si sviluppano sulle colle delle carte da parati, in condizioni di forte umidità, possono metabolizzare composti di arsenico, che viene espulso sotto forma di gas velenosi.
Questa ipotesi fu rafforzata dalla considerazione che altre persone vissute a fianco dell’imperatore avevano manifestato sintomi correlabili all’avvelenamento da arsenico. La vernice verde era a base di “verde di Scheele”, un pigmento sintetizzato nel 1775 dal chimico svedese Carl Wilhem Scheele, che si otteneva miscelando ossido di arsenico e solfato di rame, con carbonato di potassio per abbassare il punto di fusione. Nell’Ottocento fu commercializzato su larga scala a basso prezzo per svariati usi: vernici, inchiostri, colore per tingere le stoffe, per i giocattoli, come insetticida. In campo artistico, fu sostituito nel giro di pochi anni dal più brillante Verde Smeraldo, e la sua produzione cessò.