Questione braccianti: da Jerry Masslo ad oggi
La vicenda di Jerry Essan Masslo fu l’evento spartiacque nella storia dell’immigrazione straniera in Italia e contribuì ad aprire un capitolo importante sulle lotte per i diritti dei lavoratori stranieri.
Jerry Masslo nacque negli anni ’50 in Sudafrica durante gli anni delle segregazioni razziali e nonostante le difficoltà della sua giovinezza, riuscì a studiare in una scuola per neri unendosi poi all’African National Congress di Nelson Mandela. Nel Marzo 1988, Jerry atterrò all’aeroporto di Fiumicino e fece subito richiesta d’asilo che però gli venne negata a causa della riserva geografica vigente ancora in Italia. Dopo molte avversità riuscì ad ottenere un visto temporaneo per poter restare e venne accolto dalla comunità di Sant’Egidio. Nell’estate del 1989 decise di recarsi a Villa Literno (CE) come lavoratore stagionale nella raccolta dei pomodori, ma rimase vittima di un agguato frutto del clima di avversione nei confronti degli stranieri. Il suo funerale ebbe poi una forte ed importanza risonanza politica e mediatica.
Non si trattò di un caso isolato di violenza a sfondo razziale nei confronti degli immigrati. Sindacati, ONG ed associazioni religiose iniziarono a manifestare e a mobilitarsi contro il razzismo, chiedendo l’abolizione della riserva geografica e maggiori protezioni per i lavoratori stranieri, denunciando le condizioni in cui questi vivevano.
Quali risvolti legislativi?
In risposta a quell’evento, Claudio Martelli, nel 1990 si fece promotore di una legge mirante a regolare i flussi in ingresso, contrastare l’immigrazione irregolare e tutelare i lavoratori migranti. Successivamente, prima la Turco- Napolitano (1991) e poi la Bossi- Fini (2002), prescrissero l’ottenimento del permesso di soggiorno vincolato al lavoro effettivo del cittadino straniero sul territorio italiano. Pertanto, conseguenza di questa legislazione, fu che tutti coloro che non fossero riusciti a trovare un posto di lavoro regolare, si sarebbero ritrovati nella clandestinità. Così il termine “clandestino” ha iniziato ad essere affibbiato ad ogni straniero con difficoltà nel reperimento di un lavoro regolare.
32 anni dopo, cosa è cambiato?
A 32 anni dalla morte di Jerry Masslo, nonostante le innumerevoli battaglie, sembra che le cose siano rimaste uguali: episodi di razzismo e aggressioni sistemiche continuano a imperare così come lo sfruttamento nelle campagne. Uno degli ultimi eventi risale alla notte tra il 25 e il 26 aprile scorso.
In una località del foggiano, un’auto a bordo della quale viaggiavano dei braccianti “residenti” nel “Gran Ghetto” è stata affiancata da un suv dal quale sono partiti dei colpi, presumibilmente sparati da un fucile a pallini. Nel corso di questa aggressione un ragazzo di 30 anni proveniente dal Mali è rimasto ferito al volto e portato in ospedale con codice rosso. Aboubakar Soumahoro, fondatore del sindacato Lega Braccianti, tramite i suoi profili social, ha espresso la necessità che sia fatta luce su quell’aggressione, già la seconda nel giro di 48 ore.
Tornando appena un po’ più indietro nel tempo, nel marzo 2019, a Borgo Mezzanone, era stato ucciso un ghanese di 51 anni e nel luglio dello stesso anno altri nove migranti erano stati presi a sassate mentre andavano al lavoro.
I braccianti: lavoratori invisibili
Trascorsi pochi giorni dalla festa del Primo Maggio, è fondamentale anche ricordare i braccianti stranieri che lavorano nelle campagne, gli invisibili, che però danno un enorme contributo visibile alla filiera alimentare italiana. Quei lavoratori che non vengono regolarizzati e tutelati, che vengono costantemente sfruttati e sono vittime di aggressioni. Quei lavoratori che contribuiscono a portare sulle nostre tavole tutti quei prodotti “bio” che oggi teniamo tanto a mangiare.
Le condizioni di sfruttamento e precarietà dei braccianti immigrati, inoltre, non si sono certo arrestate con la pandemia, tutt’altro. Uno studio condotto dal CNR e l’Università di Sheffield ha messo in evidenza come coloro che sono impegnati in agricoltura siano lavoratori essenziali che hanno continuato a lavorare anche in condizioni in cui il distanziamento sociale e tutte le norme anti contagio si sono rivelate difficili da rispettare con rischi per la vita di molti.
Aboubakar Soumahoro, in un tweet di qualche giorno fa ha voluto sottolineare una realtà tanto chiara quanto brutale e ingiusta. «C’è un esercito di lavoratori invisibili senza alcuna forma di sostegno- ha scritto-. Possiamo davvero continuare a far finta di niente? Antonio Gramsci diceva che “l’indifferenza è il peso morto della storia”».