Il caso Fedez-Rai
Oggi, 3 maggio, è la Giornata mondiale della libertà di stampa, uno dei cardini imprescindibili della libertà dell’uomo come naturale declinazione della libertà di espressione. In questa ricorrenza sarebbe bello poter dire che in Italia la libertà di stampa è sempre promossa, garantita e mai ostacolata. Sì, sarebbe bello. Purtroppo, invece, ci troviamo a dover scorrere il ranking mondiale della libertà di stampa fino al 41° posto per trovare il nostro Paese. Questa posizione nella classifica, seppur stabile da almeno un paio di anni, assume oggi un significato più grave dopo l’episodio avvenuto sul palco del concertone del primo maggio che ha visto protagonisti il cantante Fedez e la tv pubblica, la Rai.
Un caso di censura?
Senza entrare nei dettagli dell’accaduto, ormai arcinoto, sarebbe utile e doveroso cercare di andare oltre il singolo evento per allargare l’orizzonte e farsi alcune domande: se è successo una volta, può riaccadere? È già successo? Come è possibile che in un Paese democratico, in cui la libertà di espressione è un principio costituzionale, possano esistere forme di censura?
Il centro è proprio questo. Quello che è successo non è un caso isolato. Il controllo preventivo dei testi, la scelta degli ospiti dei programmi tv e il tempo messo a disposizione non sono cose eccezionali, ma la regola. Una regola che prevede una tv pubblica che mira sapientemente a mostrarsi sempre aperta, libera e trasparente ma che quasi mai permette attacchi diretti o critiche feroci, fondate, informate e ben assestate alla politica, specie se i partiti bersagliati sono al governo (fermo restando qualche felice e virtuosa eccezione, come Report, in onda proprio su Rai3).Ovviamente non si parla della satira politica, assente dal panorama italiano da anni e ridotta a comicità da salotto più attenta a strappare una risata con goffe imitazioni e banali mascherate che concentrata nel ruolo di critica pubblica all’operato del potere politico.
Fedez-Rai: tra coraggio e possibilità
Il primo maggio Fedez ha potuto permettersi di prendere di petto la Lega, è vero, ma perché la sua posizione personale glielo ha permesso. Se ci fosse stato, al suo posto, un giornalista del servizio pubblico, un conduttore o un volto noto della Rai avrebbe usato la sua posizione di enorme visibilità per denunciare pubblicamente chi calpesta i diritti civili all’interno delle istituzioni? Difficile a dirsi, forse avrebbe temuto, non per la sua vita ovviamente, ma per il suo futuro impiego all’interno della tv di Stato e magari anche fuori da essa per le offese che avrebbe arrecato a qualche politicante con un po’ di influenza. Ma proprio la difficoltà a dare una risposta a quella domanda, proprio il brivido di timore lungo la schiena e il senso di essere implicitamente intimiditi che avrebbe provato chiunque, così come l’imbarazzo del dirigente Rai incalzato al telefono da Fedez, sono la prova inquietante di quanto in Italia la politica sia ancora intoccabile a qualsiasi livello.
Ciò che è successo su quel palco deve riaccendere le nostre coscienze e riaprirci gli occhi su un sistema marcio e irricevibile. La libertà di espressione-come quella di stampa- è tale solo se contraria al potere e a chi lo detiene. La libertà è sempre quella di chi la pensa diversamente.