Lo sfruttamento del lavoro giovanile: il punto su tirocini e salario minimo
a cura di Ilaria Sacco e Lucrezia Pagano
Il Parlamento europeo ha recentemente approvato una risoluzione – atto non vincolante ma dal forte impatto politico – con cui ha condannato la pratica di tirocini non retribuiti, descrivendoli come “una forma di sfruttamento dei giovani lavoratori e una violazione dei loro diritti”. Con questo documento si invitano la Commissione e gli Stati membri a proporre un quadro giuridico comune per garantire un’equa retribuzione per i tirocini, equiparandoli agli apprendistati.
Contestualmente (e paradossalmente), è stato però bocciato l’emendamento che prevedeva il divieto di stage non remunerati. Questo arresto ha riscosso enormi polemiche, soprattutto nel panorama italiano: i voti contrari provengono infatti da diversi nostri partiti, tra cui Italia Viva, Forza Italia, Lega e Azione.
La situazione in Italia: tra tirocini curriculari ed extracurriculari
Nel nostro Paese è presente una distinzione tra tirocini curriculari ed extracurriculari, a seconda che questi vengano fatti durante o dopo gli studi. Per i secondi vi è un obbligo per ogni regione di stabilire un rimborso spese, che ad oggi varia dagli 800 ai 1.300 euro a seconda della regione. Per i tirocini curriculari, cioè attività formative inserite nel proprio piano di studi, invece, non ci sono né tutele né indennità. In Italia, la percentuale dei tirocini non retribuiti è infatti altissima: secondo un’indagine della Repubblica degli Stagisti, il 52% dei tirocini non prevede nemmeno un euro di rimborso spese. La pandemia ha poi provocato una diminuzione dell’offerta e quindi minori possibilità per i giovani di poter entrare nel mondo del lavoro.
Politica e giovani: c’è qualcuno dalla nostra parte?
Alla luce di questa situazione, alcuni politici italiani si sono schierati e mobilitati contro la pratica dei tirocini non retribuiti, accusando quei partiti italiani che si erano detti contrari all’emendamento presentato in Parlamento europeo che ne prevedeva il divieto. Alcuni dei commenti dimostrano che diverse figure politiche, in Europa o in Italia, si stanno impegnando a favore dei giovani, difendendo i loro diritti e provando a mettere in campo delle richieste concrete.
Tra questi, Brando Benifei, membro del gruppo Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici che alla Repubblica degli Stagisti ha dichiarato: «Alcune forze politiche predicano bene e razzolano male. Ai giovani non interessano belle parole sulla necessità di ascoltarli, se poi non vedono risposte concrete – come un rimborso spese adeguato per i tirocini». Oltre all’impegno politico, Benifei rimarca anche il ruolo primordiale dell’attivismo giovanile, in crescita su questo tema: «Ci auguriamo che la grande mobilitazione dei giovani costringa le forze politiche ad agire».
Sulla medesima questione, Tiziana Beghin, eurodeputata del M5S, ha commentato: «Nell’anno europeo dei giovani, i vecchi partiti italiani difendono ancora una volta i potenti e tutti quelli che possono così continuare a sfruttare la manodopera giovanile gratuitamente. Un contratto di stage su due in Europa è gratuito e non prevede nemmeno i rimborsi spesa. Questa ingiustizia deve finire subito applicando il salario minimo a tutti i contratti, anche quelli per i tirocinanti». Le parole di Beghin sposano la proposta del “DDL Catalfo”, lanciata proprio dal M5S che prevede l’introduzione del salario minimo anche in Italia, con una paga di 9 euro all’ora.
La grande mobilitazione dei giovani
Come afferma l’European Youth Forum (EYF), una piattaforma di organizzazioni giovanili in Europa, il mancato pagamento dei tirocinanti è una pratica discriminatoria e ingiusta nei confronti dei giovani: viene negato loro il diritto ad un’equa remunerazione solo sulla base della loro età. I sogni e le speranze dei giovani vengono così spazzate via. In queste condizioni, come si può chiedere alle nuove generazioni di avere speranza nel proprio futuro?
Anche in questo caso, i giovani devono unire le loro forze per riprendersi in mano il futuro che gli spetta, in questo caso mobilitandosi per dire “NO!” ai tirocini non retribuiti. Uno degli esempi più virtuosi è sicuramente quello portato avanti dalla stessa EYF, che ha proprio lo scopo di dare voce ai giovani europei e di garantirgli un futuro migliore. Nel 2017, l’insieme di organizzazioni hanno presentato un’azione legale contro il Belgio, il Paese europeo dove i tirocini non pagati sono maggiormente diffusi e proprio dove hanno sede le istituzioni europee. In questo caso, i giovani di EYF hanno fatto uso di un potente strumento: il reclamo collettivo1. Nel febbraio 2022, il Comitato ha dichiarato che il Belgio non rispecchia gli standard minimi presenti nella Carta sociale europea, e ha dunque ritenuto che i tirocini non retribuiti sono una pratica che fomenta le disuguaglianze e ostacola le pari opportunità.
Un altro esempio di efficace mobilitazione collettiva dei giovani europei si trova nella lettera sottoscritta da varie associazioni e organizzazioni europee a partecipazione giovanile, che consigliamo fortemente di leggere. Proprio nel 2022, dichiarato Anno europeo della gioventù dalla Commissione europea, i giovani vogliono dire stop alle pratiche che violano i loro diritti di base. Un comunicato che sicuramente stimola la riflessione, permettendo di fare luce sulla situazione disastrata che i giovani sono costretti a subire. Lasciamo qui due citazioni dirette del testo: non si potrebbe spiegare meglio la condizione di noi giovani.
“The global pandemic has put our lives on hold for the last two years. While our classes were moved online, not only we missed key events that were to shape our lives, we suffered social and economic instability. We were no longer able to rely on libraries for our books and materials. We had to buy additional technology to follow online classes. We were forced to pay fees for the dormitories we were not staying in. Our part-time jobs disappeared. Some of us had to rely on food aid and some of us had to drop out of education.”
“Young people are exploited by working for free under the pretense of gaining experience. Experience does not pay the bills. Work is work, and it should be paid. Moreover, unpaid interns or other interns who are exploited are often unable to seek the support or advice of a union”.
È fondamentale fornire ai giovani le giuste possibilità, ed è giunto il momento di garantire che essi possano entrare nel mondo del lavoro attraverso una paga adeguata che rifletta la dignità, il merito e gli sforzi delle nuove generazioni. Perché il lavoro di un giovane dovrebbe valere meno del lavoro di un adulto? “Il lavoro è lavoro”, e va pagato. I giovani non possono continuare ad essere sfruttati, lavorando gratis, sotto il pretesto di frasi come “devi prima fare esperienza”. L’esperienza non paga le bollette, l’affitto o i pasti. Siamo di fronte ad un esempio di sfruttamento moderno, ed è ora di dire basta. Affinché questo avvenga, è fondamentale che le grandi mobilitazione dei giovani continuino e che la nostra voce si faccia sempre più forte per fermare questa piaga sociale.
Due questioni collegate: tra tirocini e salario minimo
Un tema fortemente legato a quello dei tirocini, ancora oggetto di dibattito al Consiglio europeo, è l’introduzione del salario minimo. Esso consiste nella paga più bassa che, per legge, deve essere conferita ai lavoratori su base oraria o mensile, indipendentemente dalla loro età. Tale misura serve a tutelare chi, pur lavorando, si trova in condizioni di indigenza o è a rischio povertà. Lo scorso 11 novembre 2021, la maggioranza in Parlamento europeo ha votato a favore di una nuova direttiva per l’introduzione del salario minimo in tutta l’Unione. Il Parlamento europeo lo considera un importante strumento di lotta contro la povertà e contro le disuguaglianze economiche, in grado di favorire una giusta competizione e una ripresa economica dalla crisi pandemica. Questa misura è diretta in particolare ai riders, agli stagionali, ai tirocinanti e agli stagisti.
Oggi in Italia non esiste una legge sul salario minimo, ed è uno dei pochi Paesi europei a essere sprovvisti di una normativa al riguardo insieme a Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria e in parte Cipro, dove una misura di questo tipo esiste ma solo per certe categorie di lavoratori. Inoltre, l’Italia è il quarto paese Ue per povertà tra i lavoratori. Si tratta di casi in cui i lavoratori non hanno stipendi sufficienti a sollevare sé stessi e le proprie famiglie dalla povertà e a vivere in condizioni materiali dignitose. Questa cifra aumenta se poi isoliamo i lavoratori più giovani, tra i 18 e i 24 anni (15,6%).
In questo contesto e alla luce di questi dati, sono emerse varie iniziative popolari, tra cui quella promossa da Possibile, un partito politico italiano attento alle istanze sociali, ambientali e civili. Possibile sta portando avanti una raccolta firme (ne bastano 50.000) sia cartacee che online per presentare la sua proposta di legge sull’introduzione del salario minimo in Parlamento.
1Un reclamo è una procedura che viene introdotta con lo scopo di migliorare l’attuazione della Carta sociale europea, un Trattato che garantisce diritti sociali ed economici in Europa. Esso può essere rivolto direttamente al Comitato Europeo dei Diritti Sociali da parti sociali o organizzazioni non governative.
Editing e fact checking a cura di Alice Spada