I podcast: verso un’informazione interattiva?
Il settore dell’informazione è, per sua stessa natura, in continua evoluzione. I mezzi di informazione tradizionali si intersecano ed entrano in competizione con i media “neonati”, appartenenti alla nuova epoca digitale, frenetica e sempre più a portata di tutti. Il “fattore X”, che oggi determina il successo, o l’insuccesso, di un giornale, di un programma radiofonico o televisivo è la creazione di una community, di un rapporto di fiducia con i lettori e gli ascoltatori tramite lo strumento digitale. Il mezzo che coniuga il fare informazione e la creazione di questa community orizzontale con il pubblico è il podcast.
Ma cosa sono i podcast?
Per quanto sia ormai una parola di uso comune anche nella lingua italiana, l’etimologia del termine podcast risale ad un periodo, i primi anni 2000, in cui il rivoluzionario iPod, prodotto da Apple, era il supporto più famoso e diffuso per ascoltare la musica. Già nel 2005, il dizionario statunitense New Oxford aveva definito “podcast” la parola dell’anno, definendo il podcasting come «registrazione digitale di una trasmissione radiofonica o simili, resa disponibile su Internet con lo scopo di permettere il download su riproduttori audio personali».
Dal 2014, anno che viene indicato come punto di svolta per questo nuovo medium, i podcast hanno assunto le forme più varie, da quelli seriali, divisi in episodi, a quelli di informazione a cadenza quotidiana o settimanale. Oggi i podcast vengono pubblicati ed ascoltati sulla maggior parte delle piattaforme streaming, che spesso sono a pagamento. L’introduzione dell’informazione di qualità a pagamento, tramite contenuti premium riservati agli abbonati, ad esempio, ha contribuito allo sviluppo di cosiddetti “branded podcast”, ossia contenuti audio volti ad attrarre maggiore attenzione verso la propria azienda, così che si venga a creare quel rapporto diretto con chi ascolta. Le testate giornalistiche sono un esempio evidente di questo fenomeno. Se pensiamo all’Italia, negli ultimi anni abbiamo assistito ad un progressivo ammodernamento dei giornali, che si sono conformati a questa nuova modalità di fare informazione. Si pensi a “Start” del Sole24Ore, o a “Morning” del Post. All’estero non sono da meno, il Guardian e il New York Times intrattengono i loro lettori/ascoltatori rispettivamente con “Today in Focus” e “The Daily”, oltre che con una quantità imponente di podcast e video-podcast sui più svariati argomenti.
Nonostante ciò, il boom dell’era podcast sembra non essere ancora arrivato. Una ricerca di Bloomberg ha evidenziato come il pubblico che usufruisce dei podcast si stia allargando sempre di più, ma in maniera “morbida”: in Italia, ad esempio, gli ascoltatori di podcast sono aumentati solo dell’1% tra il 2020 e il 2021. I problemi evidenziati da Bloomberg sono diversi: in primis, il numero di podcast a caccia di ascoltatori è cresciuto in maniera esponenziale, ma i podcast più ascoltati rimangono sempre gli stessi e l’età media di quelli che restano in testa alle classifiche è di 7 anni. Ciò soprattutto a causa del livello, ancora molto poco efficiente, di promozione delle novità nel settore, che non permette ai nuovi podcast di arrivare alle grandi platee di ascoltatori.
L’informazione interattiva della Generazione Z
La Generazione Z, categoria che raggruppa gli individui nati dopo la metà degli anni ’90 e più o meno fino al 2010, ed in parte anche la generazione dei Millennials sono composte dai cosiddetti nativi digitali. Hanno perciò un modo molto diverso di rapportarsi ai media “classici” e all’informazione rispetto alle generazioni precedenti. Non a caso, i mezzi di comunicazione di massa come la televisione, la radio e i giornali cartacei non riescono più ad attrarre un pubblico di adolescenti e giovani adulti ormai costantemente bombardati da notizie, messaggi e notifiche. La televisione non distingue più tra informazione e intrattenimento: i programmi che promettono di approfondire tematiche politiche, sociali e così via, si tramutano in veri e propri show, con dinamiche e scalette che hanno come scopo principale fare audience. Inoltre, l’età media dei telespettatori, insieme a quella dei lettori di giornali cartacei, è sempre più in aumento. Anche i social media hanno assunto grande importanza nel campo dell’informazione, secondo una ricerca del Censis, un italiano su tre si informa esclusivamente sui social. Le problematiche del caso sono molte ed evidenti, basti pensare alla disinformazione causata dalle fake news.
Secondo quanto emerge dal report “Culture Next 2021” del colosso dello streaming Spotify, la Gen-Z sembra quindi star abbandonando sempre più i mezzi dell’epoca predigitale, per affidarsi all’informazione tramite i podcast. I dati svelano che il 40% degli appartenenti alla Generazione Z a livello globale ripone maggiore fiducia nei podcast rispetto ai media tradizionali, mentre il 52% ha dichiarato di informarsi sui temi sociali e sull’attualità tramite questo medium. Un dato particolarmente interessante che ci riguarda da vicino è quello relativo al significativo aumento degli ascoltatori unici dei podcast dedicati a tematiche come la salute mentale, (+142% tra i membri della Gen-Z), argomento sempre più rilevante a causa dei danni dovuti alla pandemia. I podcast informativi perdono l’impersonalità del programma televisivo e del giornale cartaceo, creando quel senso di community e affidabilità che dicevamo essere il “fattore X” dell’informazione digitale. Inoltre, un elemento essenziale per gli ascoltatori di tutte le fasce d’età è la voce narrante: secondo Ipsos Digital Audio Survey 2021, il 30% del pubblico che si informa tramite questo mezzo afferma di dare molto peso allo speaker, e di scegliere se ascoltare o meno un podcast anche in base a quello.
Nonostante il podcast sia un format ancora giovane, l’innovazione sta già bussando alla sua porta. Già Clubhouse, nel pieno della pandemia, aveva fatto il suo ingresso come nuova piattaforma streaming: il servizio proposto era a metà tra un podcast e una radio. La piattaforma è stata popolata, per il periodo in cui è esplosa, da millennials e appartenenti alla Gen-Z che, come spesso accade, sono i primi a testare questo nuovo tipo di informazione interattiva. Più di recente, il miliardario americano Mark Cuban ha finanziato lo sviluppo di Fireside, una piattaforma che si propone di aiutare i creatori di podcast, talk show e non solo, a produrre contenuti, diffonderli con la massima efficacia e interagire in tempo reale con il pubblico. Tutto ciò è racchiuso nel suo motto “the future of entertainment is interactive”, il futuro dell’intrattenimento è l’interattività. Il servizio ideato da Cuban è multitasking: vuole farsi portavoce dell’intrattenimento e dell’informazione delle nuove generazioni tramite una piattaforma che coniughi le funzioni di un social (reazioni, commenti live) e di un podcast (intrattenimento e informazione audio). Fireside è ancora in sviluppo, ma sarà davvero l’interattività il futuro della nostra informazione?
Editing e fact checking a cura di Claudio Annibali