Russia e Cina: un’amicizia difficile ma non impossibile
Russia e Cina: un’amicizia difficile ma non impossibile

Russia e Cina: un’amicizia difficile ma non impossibile

Russia e Cina: un’amicizia difficile ma non impossibile

L’ordine mondiale che si è imposto alla fine della Guerra Fredda e con il conseguente crollo dell’URSS, ha visto l’affermarsi repentino ed incontrastato di una leadership “occidentale” sempre più identificata con l’unica superpotenza superstite: gli Stati Uniti. Tuttavia, il proposito americano di porsi come guida della comunità internazionale, sia con la forza del proprio apparato militare (hard power) che con metodi meno drastici- ma non per questo meno efficaci – (soft power), sta conoscendo negli ultimi anni una brusca frenata.

Terminata la parentesi di apparente “chiusura” della presidenza Trump, il ritorno sulla scena internazionale sotto la spinta di un rinnovato multilateralismo, sponsorizzato ed annunciato dal presidente Biden, ha fatto emergere le spaccature di un mondo che non è più incontestabilmente monopolare. Il ridimensionamento dell’Occidente (e dunque degli USA) nella vasta arena globale è, infatti, andato di pari passo con la contestazione sempre più aperta ed esplicita dell’ordine politico, economico e culturale a guida americana da parte delle due principali potenze revisioniste: Cina e Russia.

Russia e Cina: rapporti storici

Non è strano, a questo proposito, che i rapporti tra Cina e Russiasi siano consolidati negli ultimi decenni, accomunati dall’intenzione di promuovere un mondo policentrico.
 
Il rapporto secolare tra i due Paesi ha sempre avuto le sue basi nel commercio: uno dei primi tentativi di sottoscrivere un Trattato risale, infatti, al 1689, come conseguenza dell’allora breve guerra di Albasin. L’uso del commercio come strumento diplomatico per risolvere i conflitti territoriali (soprattutto in Manciuria e Mongolia) si è rivelato nel tempo un canale di successo che avrebbe portato, dopo quasi quarant’anni di gelo, al Trattato di Kyathta, nel 1727, con cui veniva ufficialmente sancita l’eterna pace ed amicizia tra i due imperi. Il successo di questi trattati è evidenziato dal fatto che, sebbene abbiano subito marginali modifiche nel corso del tempo, essi hanno costituito la base dei rapporti sino-russi fino al 1860.

Tuttavia, l’obiettivo della Russia è sempre stato quello di esercitare una certa influenza economica sui territori a confine con la Cina, soprattutto all’indomani della rivoluzione cinese del 1911. Fondamentali in tale ottica furono gli accordi russo-nipponici del 1907 e 1912 con cui Russia e Giappone si impegnarono a consultarsi sulle misure di difesa da adottare nel caso in cui ci fossero state minacce agli interessi di una delle due parti in Cina.

Una fase difficile

Il dominio russo sulla regione subì un notevole arresto con la Rivoluzione di ottobre del 1917, che aveva creato questa volta una situazione potenzialmente favorevole alla Cina. Tuttavia, le divergenze interne resero il governo nazionalista di Pechino- riconosciuto dalle potenze occidentali- tutt’altro che coeso e incapace di mettere a punto una solida strategia nei confronti del grande vicino. In quegli anni la politica di Mosca fu fortemente rivolta al mantenimento di questa situazione, nel tentativo di conservare una posizione geostrategica chiave alle frontiere settentrionali della Cina. La nuova URSS cercò di stringere rapporti diplomatici con Pechino ma al contempo, per motivi ideologici, non cessò di offrire cooperazione ed amicizia al partito comunista in ascesa ed al suo leader Mao Zedong.

Un tentativo di distensione delle relazioni tra i due Paesi asiatici venne effettuato nel 1920 con la cosiddetta dichiarazione di Karachan, con la quale si proclamarono nulli e privi di valore tutti i trattati (c.d “ineguali”) imposti dalla Russia zarista alla Cina. L’offerta però venne lasciata cadere dal governo cinese. Il trionfo diplomatico russo avvenne solo nel 1924: con gli accordi Koo-Karachan l’Unione Sovietica rinunciò ai propri privilegi sul territorio cinese in cambio del riconoscimento diplomatico e vantaggi economici derivati dalla gestione congiunta della famosa ferrovia orientale cinese.

Russia e Cina oggi

In seguito, la storia moderna dei rapporti tra Unione Sovietica e Cina vede come baluardo due fondamentali conferenze: quella di Yalta del 1945 –che aveva una durata di trent’anni- e quella del Cairo del 1943, nelle quali venne delineato quello che sarebbe stato l’assetto post-bellico dell’Estremo Oriente: in cambio di concessioni economiche, tra cui l’influenza sui territori della Mongolia, Mosca si dichiarava disposta a fornire supporto alle armate cinesi al fine di liberare il Paese dall’occupazione giapponese.

La cooperazione politica tra Mosca e Pechino fino agli anni Novanta si concentrò principalmente su questioni regionali (come in Asia centrale) e sulla delimitazione dei confini e delle rispettive influenze. Tale livello di intesa politica si è manifestata non solo nell’opposizione congiunta alle operazioni condotte nella regione da parte degli Stati Uniti, ma anche nel sostegno a organizzazioni regionali come la Shanghai Cooperation Organization (SCO).

Dalla nascita della Federazione Russa, infatti, durante i vent’anni di regime di Vladimir Putin, le relazioni fra i due Paesi sono andate gradualmente intensificandosi. A tal proposito tra i primi atti diplomatici di Putin vi fu proprio un trattato di “buon vicinato, amicizia e cooperazione” con la sua controparte cinese, Hu Jintao, firmato nel 2001 – di cui quest’anno viene celebrato l’anniversario e per l’occasione verrà rinnovato-.

Dal punto di vista della cooperazione energetica, commerciale e finanziaria i rapporti hanno attraversato degli sviluppi altrettanto importanti, spinti dalla crisi economica mondiale del 2008-2009 e dalla necessità di risorse, quando Mosca aveva bisogno di nuove fonti di capitale e Pechino era alla ricerca di nuovi fonti energetiche.

Sebbene le relazioni tra i due Paesi abbraccino diversi ambiti (tra cui anche quello spaziale e quello militare), è evidente come tuttavia sussista una sostanziale asimmetria: la Cina, infatti, rappresenta il 15,5% del commercio totale russo mentre Mosca, al contrario, rappresentava solo lo 0,8% del commercio totale della Cina nello stesso anno di riferimento (2018).

Infine, con riferimento al ruolo giocato nello scacchiere globale, alcuni analisti ed esperti di relazioni internazionali sostengono che, a scapito del diverso atteggiamento in politica estera (Mosca appare infatti più aggressiva militarmente e volta all’utilizzo della forza rispetto a Pechino), esista un potenziale fronte d’azione comune tra i due Stati: entrambi intendono, infatti, costruirsi una sfera di influenza in contrasto con la politica e gli interessi degli Stati Uniti. Quindi, nonostante le divergenze e le possibili frizioni, la comune opposizione alla potenza statunitense renderebbe oggigiorno prioritaria per Russia e Cina la cooperazione bilaterale. Tuttavia, come visto, la storia dei rapporti tra Mosca e Pechino ci dice che le due potenze non sono mai state in grado di costruire salde alleanze e coltivare un’amicizia concreta (neanche durante il periodo di affinità ideologica dettata dai regimi comunisti), sempre restie- a ragion veduta- a fidarsi l’una dell’altra. Riuscirà un condiviso progetto revisionista nei confronti di Washington a cambiare la tradizione e la storia dei due Paesi?