Il terremoto “Pegasus” e la nuova frontiera dello spionaggio
Dopo un lungo periodo di lavoro investigativo portato avanti da Forbidden Stories e Amnesty International, che ha riguardato una lista di quasi 50mila numeri di telefono riconducibili a persone ad “alto rischio di sorveglianza” (giornalisti, attivisti, capi di Stato), è stato rivelato come lo spyware “Pegasus” permettesse di fatto di spiare migliaia di persona in tutto il mondo. Successivamente la notizia è stata diffusa dal Washington Post sulla base di un’inchiesta internazionale. A quanto pare coloro che si sono serviti di Pegasus sarebbero «noti per impegnarsi nella sorveglianza dei cittadini e noti anche per essere stati clienti dell’azienda israeliana che produce lo stesso spyware: NSO Group», scrive il Washington Post.
Per accertarsi della veridicità di questi dati i giornalisti del WP ne hanno analizzato un campione- grazie anche ai sistemi messi a disposizione dal Security Lab di Amnesty International- e si è evinto che almeno su 67 persone tra quelle presenti sulle liste, 37 di queste presentavano prove di “attacco” cyber.
Storicamente questo non è il primo caso di cyberspionaggio: nel 1999 era esploso lo scandalo Echelon e successivamente il Datagate del 2013 avevano rivelato programmi anglosassoni di sorveglianza di massa, grazie anche al contributo significativo dato dalla National Security Agency americana. Nei due casi le due superpotenze hanno avuto accesso diretto a e-mail e utenze telefoniche istituzionali e private dei principali leader europei e mondiali, creando una sorta di club ristretto di intelligence passato alla storia con il nome di “Five Eyes” (USA, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda).
Il sistema Pegasus: chi e come?
Come viene spiegato dagli esperti del settore, lo spyware (ovvero il software spia) Pegasus è in grado di bypassare la sicurezza degli smartphone ottenendo un accesso completo ai dispositivi elettronici. Il sistema può copiare sia i messaggi inviati che quelli ricevuti, raccogliere foto e registrare chiamate, è anche in grado di attivare la telecamera e il microfono del telefono all’insaputa del proprietario per registrare conversazioni, tracciare gli spostamenti o identificare chi ha incontrato, tutto tramite video.
Attualmente Pegasus è riuscito a mettere in crisi l’intero sistema mondiale e sebbene la società creatrice NSO continui a ribadire che il software sia nato esclusivamente per ottenere informazioni sulle reti criminali internazionale, la lista di coloro che sono stati sorvegliati comprende almeno 180 giornalisti, 85 attivisti per i diritti umani, 14 capi di Stato, tra cui il presidente francese Macron e l’intero entourage dello stesso presidente messicano López Obrador.
L’abuso persistente di questa tecnologia è stato perpetrato anche da parte di alcuni governi, tra cui spiccano l’Arabia Saudita, che ha acquistato il software nel 2017 e se ne è poi servita per sorvegliare l’avvocato e i familiari di Jamal Khashoggi, e l’Ungheria dove il governo di Orbán lo ha utilizzato per mettere sotto sorveglianza l’ultima manciata di giornalisti e media indipendenti.
Immediata è stata la reazione delle istituzioni europee: la presidente della Commissione Ursula von der Leyen si è espressa con risolutezza soprattutto in riferimento al coinvolgimento di alcuni governi europei nello scandalo. Von der Leyen ha ribadito come «utilizzare programmi di spionaggio per controllare i giornalisti sia totalmente inaccettabile. Quello che stiamo leggendo è contrario a qualsiasi tipo di regola che abbiamo nell’Unione europea»; come ha spiegato poi il commissario europeo alla Giustizia Didier Reynders: «Stiamo iniziando a raccogliere informazioni per capire quale sia il possibile utilizzo dell’applicazione. Affronteremo questa questione nella nostra raccomandazione».
Sebbene quindi ci siano ancora molte falle in questa storia, quello che resta certo è il tentativo di alcuni governi di limitare la libertà di stampa ed espressione o di ingerire in affari puramente interni ai singoli Stati, mettendo sotto sorveglianza gli esponenti di spicco.
«Lo spyware della NSO è un’arma a disposizione dei governi repressivi che vogliono ridurre al silenzio i giornalisti, attaccare gli attivisti e stroncare il dissenso, mettendo a rischio innumerevoli vite umane», ha concluso il segretario generale di Amnesty Agnes Callamard, denunciando «la totale mancanza di regole nell’industria della sorveglianza tecnologica».